Una mostra per i 150 anni d’amore tra Giappone e Italia

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Nella ricorrenza del 150° anniversario delle relazioni tra il Giappone e l’Italia, il Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ (MNAO) ha dedicato una sala a delle opere giapponesi selezionate dalle collezioni del Museo, alcune delle quali mai precedentemente mostrate al pubblico di Roma. Difatti, tutta la imponente raccolta di arte dell’Arcipelago del Museo è nei depositi, a causa della solita, insopportabile, “malattia” che affligge i nostri musei, la mancanza di spazi e fondi.

Le opere esposte in questa sala saranno visibili fino alla fine di giugno 2016, per poi tornare in quei depositi che contengono una quantità impressionante di tesori. Da anni sosteniamo, come fosse un mantra, il “primato italiano” per quanto concerne le collezioni orientali. Mentre all’estero affermano boriosamente di avere il meglio, noi – che lo abbiamo davvero – non ne sappiamo nulla. Le cause sono molteplici, ma due sono le principali: una insofferenza tutta italica ad amare se stessi e dei magazzini stracolmi. Proprio sul Giappone, chi può vantare in Occidente raccolte come quelle di Genova e Venezia? Nessuno. Per non parlare dell’armeria nipponica del Museo Stibbert, ma la lista sarebbe lunghissima, poiché gli italiani collezionano arte giapponese praticamente da sempre, da quando, cioè, gli stranieri hanno potuto mettere piede nel Sol Levante, con le prime missioni dei gesuiti, che giunsero nel Paese nel 1549, con una delegazione di religiosi portoghesi guidata da Francis Xavier (1506 – 1552). Da quel momento in poi, il fascino per la cultura giapponese non ha mai smesso, tra alti e bassi, di pulsare nel Belpaese.

Siamo stati accompagnati nella nostra visita da Roberto Ciarla, responsabile della Sezione Estremo Orientale del MNAO, il quale prova da anni a esporre almeno in rotazione quel campionario sconfinato che possiede il Museo, che dalla Cina arriva, per l’appunto, al Giappone, passando per la Birmania, la Thailandia, la Cambogia, il Vietnam e l’Indonesia.

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Il Museo Guimet? Si sa, della megalomania francese è praticamente inutile parlare, è una patologia conclamata. Niente abbiamo da invidiare, anzi, è vero l’esatto contrario, e quella del “Tucci” è la prima raccolta d’arte orientale d’Occidente, una specie di Vaticani sull’Asia, dall’archeologia, all’arte contemporanea, con pezzi quasi sempre che hanno un “pedigree”, per dirla con Ciarla. Un museo unico al mondo, basta quello che espone per restare incantati; se pensiamo poi che ciò che vediamo è assai poco se paragonato a quello che si trova nei depositi, allora la nostra non è più una opinione, bensì un dato di fatto!

Tra le opere in mostra, segnaliamo due paraventi in lacca, tra questi uno (soggetto: Pruno in fiore e riquadri con piante, uccelli e paesaggi, Periodo Edo, 1615 – 1868), proveniente dalla collezione dei filantropi americani Wurts, che donarono inoltre alcuni loro oggetti al Museo di Palazzo di Venezia, nonché Villa Sciarra in “regalo” a Mussolini. Questo splendido esemplare, esposto dopo settanta anni di oblio, è nelle parole dello stesso Ciarla: “Un trionfo di eclettismo e fantasia” – una epitome della modernità connaturata nel popolo giapponese – con dei riquadri leggermente in rilievo che ricordano delle “immagini macro”, come se sfiorando il paravento, si potesse ottenere uno zoom sul soggetto ritratto.

Oltre ai due paraventi di cui sopra, spiccano un kosode (kimono a “piccole maniche” del Periodo Shōwa, 1926 – 1989), due splendidi e preziosi acquerelli su seta risalenti al Periodo Muromachi (1336 – 1573), un album della cosiddetta Scuola Tosa (Periodo Edo, Era Enpō, 1673 –  1681) che raffigura un caposaldo della letteratura classica del Sol Levante: l’Ise monogatari, per finire con una serie di oggetti in lacca dorata (maki-e). Questa particolare tipologia di manufatti risalente a Edo veniva prodotta sia per il mercato interno che per l’esportazione e ha probabilmente la sua più ricca collezione proprio nel nostro Paese, in quel tempio d’arte giapponese che è il succitato Museo d’Arte Orientale di Venezia.

Infine, segnaliamo l’apertura di ben tre nuove sezioni: Giainismo, India e Yemen, qui con un pezzo rarissimo rappresentato dalla ricostruzione di un trono yemenita. Chi ci legge sa però che questo autentico vanto nazionale è sotto minaccia di sfratto da parte del Ministero? Troppo caro l’affitto delle sale che ospitano il Museo. Una follia, ma non è affatto folle chi ci governa, si tratta di un piano cinicamente meditato. Costoro vogliono annientare la cultura e la conoscenza in Italia, il brutto è che ci stanno riuscendo nel silenzio più totale dei media allineati.