Milanese di nascita e di adozione, Luciana Savignano entra alla Scala già come allieva: presto, nel 1972 diventa prima ballerina e tre anni dopo, nel 1975, étoile. Eppure “il mio corpo non era quello di una tradizionale ballerina quando cominciai – dice ospite all’ultimo appuntamento dell’anno 2015-16 di Manzoni Cultura al Teatro Manzoni di Milano, ideato e diretto da Edoardo Sylos Labini con dj set di Paul Valery e che prevede un dialogo del regista, giornalista e conduttore con un interprete dello spettacolo di volta in volta diverso – braccia troppo lunghe, piedi troppo grandi, eccessivamente alta. Senza contare che sono sempre stata timida. Solo in scena ho il mio riscatto, il pubblico ormai mi conosce”.
Una ballerina che sta segnando la storia della danza contemporanea si racconta ad un pubblico di appassionati, tra cui anche molti conoscenti e colleghi: “ho avuto due genitori meravigliosi. Una madre forte, straordinaria, che ancora oggi mi manca molto. Allo stesso tempo io non sono madre. Sento che non potrei dedicare ad un figlio il tempo e l’attenzione necessari”. Però ha un marito, medico, con cui ha già condiviso 24 anni di vita: sale sul palco, e lei è visibilmente emozionata. Perde, in parte, quella calma, ma autoritaria posizione di controllo sulle situazioni che sembra caratterizzarla. Durante l’intervista Sylos Labini tocca diverse fasi della carriera della Savignano, a partire dal lavoro con il coreografo francese Maurice Béjart, ma anche Roland Petit, e molti altri. La Savignano emerge dalla serata come una ballerina certamente fuori dagli schemi, difficile da inquadrare sia fisicamente che nella sua interpretazione della danza, ripete spesso che “non c’è bisogno di stupire ballando, e di fare acrobazie per mettersi in mostra. Il talento è un’altra cosa”. La sua esperienza convince ed è da esempio: “anche se non voglio insegnare, preferisco direttamente ballare coi giovani”. Tra gli ospiti anche Roberto Fascila, étoile danzatore, che interviene dicendo che “Luciana non si è mai abituata ad un ruolo: vive l’arte in ogni momento”.
La Savignano infatti abbandona presto il repertorio classico per dedicarsi a balli contemporanei e lavorando con i più grandi coreografi della scena internazionale. Sarà prostituta ne il “Mandarino Meraviglioso” di Mario Pistoni e ninfa nella versione di Amedeo Amodio de “L’après-midi d’un faune”. Il repertorio della ballerina milanese è vastissimo, ricordiamo tra i tanti ruoli “La Bisbetica Domata” di John Cranko e ”Lola-Lola” in “L’angelo Azzurro”, coreografia di Roland Petit dedicata al mito di Marlene Dietrich