
“Conosci te stesso”, suggeriva nella notte dei tempi l’oracolo di Delfi. Sarebbe troppo riassumere la mentalità greca in questo motto. Eppure è come se epica e filosofia, nel mondo classico, avessero fatto a gara a fargli eco. A riunire le trame del concetto che l’uomo aveva di sé stesso nella mentalità greca è Anthony A. Long, professore all’Università di Berkeley, con La mente, l’anima, il corpo. Modelli greci (Piccola Biblioteca Einaudi, pp. 152, € 20), in una trattazione che va da Omero agli stoici.
Il pensiero greco per primo ha dato risposte sulla nostra essenza di esseri umani e, per quanto siano diverse da quelle contemporanee, concentrate sul corpo, sono di grande attualità. Non tramontano mai. Omero, nell’Iliade e nell’Odissea, scrivendo prima della nascita della filosofia, porta in scena “identità psicosomatiche”, in cui passioni e sentimenti la fanno da padroni, in quello che Long definisce “un modello cardiovascolare della mente”. Povero è il suo concetto dell’aldilà, in cui quel che resta di noi è un ombra, avvicinandosi all’ateismo del mondo secolarizzato e individualista.
Ci sono poi i filosofi precedenti Platone. Empedocle, per il quale il sé sopravvive alla morte come daimon, spirito divino. Eraclito, con idee nuove intorno alla natura della psyche. Il discrimine è Platone, con la teoria dell’anima tripartita e la descrizione della sua natura semi-divina. La strada prosegue attraverso Epicuro, in un’idea dell’anima quale espressione degli atomi; approda alla convinzione stoica che essa fosse invece “una funzione della materia pneumatica”. Un intero universo di concezioni in cui la distinzione tra corpo è anima sviluppa un intero linguaggio delle mente. Di cui noi oggi, volenti o nolenti figli della classicità, facciamo ancora uso.