Quel viaggio dentro di noi per cercare la redenzione

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Si dice che la vendetta sia un piatto che va servito freddo. Al di là del gioco di parole che potrebbe crearsi con un luogo centrale in Senza lasciare traccia, solo la visione del film potrà sciogliere l’interrogativo se essa si verifichi e, nel caso, in che modo.

Il film di Gianclaudio Cappai rincorre e mette in campo un mood preciso sin dai primissimi fotogrammi, scoprendosi sempre più man mano che la storia si dipana.

Bruno (un intenso Michele Riondino) porta letteralmente sul suo corpo e nell’anima le cicatrici di un passato. Lo spettatore è chiamato ad un’attenzione molto attiva, si va avanti anche per associazioni che il pubblico deve creare tra le parole ascoltate all’inizio e immagini che fanno capolino dall’infanzia. Qualcosa si intuisce, ma soltanto alla fine si riallacceranno tutte le fila. Grazie al lavoro da restauratrice della compagna Elena (Valentina Cervi), Bruno ritorna nel luogo con cui deve fare i conti, dove adesso abita un uomo (un Vitaliano Trevisan assolutamente in parte) con sua figlia (un’Elena Radonicich dura e aspra proprio come richiedeva il ruolo). Nell’arco di poche ore mette in atto la sua intrusione, indossando una “maschera” che, idealmente parlando, sarà messa a dura prova dal calore della fornace. «Il mio intruso voglio guardarlo negli occhi», ascoltiamo a un tratto, dando vita, ancora una volta, a un gioco di parole che suggerisce diversi livelli di sofferenza e non solo.

Laddove si riducono le parole, parlano gli sguardi e i corpi. Senza lasciare traccia è, infatti, un film costruito molto sui non detti, arrivando a tematizzarli – sensazione amplificata anche dall’ottimo lavoro sul sonoro fatto da Teho Teardo, oltre che da fotografia (Fabio Paolucci) e regia. Cappai non solo è abile nel dirigere gli interpreti, facendo emergere varie sfaccettature umane e recitative, ma sa bene dove indirizzare l’obiettivo della macchina da presa portandoci a stare sul filo del rasoio, quasi in simbiosi, con colui che scruta prima di entrare in azione. D’altro canto, però, lo spettatore prova le emozioni di Elena, una donna che vive quasi di riflesso il malessere dell’uomo, somatizzando, anche lei, a suo modo. Ci si ritrova a guardare, al di là dello schermo, delle potenziali pentole a pressione. «Tutti i personaggi del film lottano per liberarsi da ciò che ha segnato per sempre la loro vita, per quanto abbiano cercato di dominarlo, di nasconderlo o di negarlo: l’anima di questa storia è un viaggio dentro la zona segreta che abita tutti noi, […], che preferiamo non guardare pur sapendo che esiste» (dalle note di regia).

Senza lasciare traccia è stato tra i titoli più interessanti presentati nella sezione “ItaliaFilmFest/Nuove Proposte” del Bif&st 2016 ed è dal 14 aprile nelle nostre sale distribuito da HiraFilm e Il Monello Film.