Se c’è uno strumento musicale popolarmente additato come serioso e tedioso, è l’organo. Un (pre)giudizio assai diffuso, frutto dell’elevato livello artistico della sua letteratura e della notevole tecnica richiesta nell’eseguirla.
Ma questa non è l’unica concezione che si può avere del “re degli strumenti”. Se sul web l’eccentrico statunitense Cameron Carpenter, col suo spaventoso virtuosismo, ha fatto dell’organo uno strumento pop, in Italia c’è un colto compositore che è riuscito a dare al suo strumento, accanto al tradizionale accademismo, un volto anche buffo.
Il torinese Guido Donati è autore di innumerevoli composizioni organistiche. Nulla di bizzarro se non ci si imbattesse in brani come Preludio e boogie sopra un tema di Leonardo, in cui alla classica forma del preludio si accosta un meno canonico boogie, o Kleine fuge super “Fate fürb!” che, nonostante l’austera forma scritta in tedesco (piccola fuga) mutua il tema dal dialetto torinese in cui “fate fürb” significa “fatti furbo”. Ancora: messe organistiche dai titoli ‘diversamente liturgici’ come la Misa amazonica fino ad arrivare a una delle vette del grottesco musicale: il Choralis Epiphanie, brano a due voci in cui si mescolano il corale liturgico dell’Epifania e la melodia di “Siam tre piccoli porcellin”.