Il Teatro Delfino è “una nuova realtà nel panorama culturale milanese” (www.teatrodelfino.it), ovvero una nuova sala, che ha già due sedi (una in piazza Piero Carnelli e una nel parco della Cascina Monluè) e la cui gestione è affidata all’Associazione “Il Mecenate” formata da un gruppo di giovani professionisti del mondo dello spettacolo.
In realtà il Delfino giunge quest’anno alla IV stagione, anche che se questa si può dire la prima che si rivolge davvero ad un pubblico allargato. Offre rappresentazioni prevalentemente di prosa, tratte sia dalla drammaturgia classica che contemporanea. Nel caso di “Barbablu 2.0”, in scena dal 4 al 7 febbraio nella sede di piazza Carnelli, il testo è la rilettura in chiave contemporanea che Magdalena Barile ha realizzato sulla fiaba di “Barbablù”, che Charles Perrault trascrisse nel XVII secolo. La regista, Eleonora Moro, anzitutto in quanto donna, certamente riesce a sentire in modo diretto la chiave in cui la Barile ha riletto la storia del marito dalla folta barba color del mare che terrorizzava tutti i bambini quando ascoltavano delle mogli che nascondeva e uccideva in una stanza segreta. Il tema, infatti, resta lo stesso: la violenza e i soprusi sulle donne. Ma la vicenda è ambientata, in “Barbablu 2.0”, non in un castello, bensì in una ricca casa di provincia nel Nord Italia. Laura Negretti e Alessandro Quattro sono gli interpreti della coppia che dimora in questo nuovo appartamento di provincia, in apparenza perfetto, e in cui però sono sempre più frequenti i soprusi da parte del compagno verso la donna, nel cui animo cresce l’ansia pensando alle tre mogli di lui precedentemente e misteriosamente sparite.
Eppure quella subita da lei non è una vera violenza fisica, si tratta più di uno struggimento psicologico che la porta all’annullamento di se stessa nella ricerca del soddisfacimento delle impossibili e contraddittorie aspettative di un marito assente. Passando dalla depressione, quasi la pazzia, l’incapacità di reagire, fino a condurre gli spettatori ad una conclusione sorprendente.