Altaroma: giù il sipario su pepli, donne in fiore e giovani promesse

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Altaroma si è appena conclusa. Un’edizione ristretta, concentrata, che in soli 3 giorni ha rafforzato il suo carattere unico, concludendo un processo di metamorfosi che, complice la presidenza fortunata di Silvia Venturini Fendi prima, e il recente inserimento in cda di nomi pesanti nell’indotto come quello di Franca Sozzani, storico direttore di Vogue Italia, o Raffaello Napoleone, Ceo di Pitti, in poche stagioni ne ha cambiato completamente i connotati. Si è tradotta così in una versione più fresca e moderna, a cominciare dalla location.

Dopo una serie di migrazioni, dal Complesso di Santo Spirito in Sassia al Museo delle Esposizioni di via Nazionale, Altaroma si è spostata a San Lorenzo, nei 24000 metri quadrati (tra interno ed esterno), bonificati in fretta e furia per ospitare la manifestazione, dell’Ex Dogana ferroviaria. Contemporaneo e di impatto, lo spazio si è dimostrato la sintesi perfetta della rassegna. Ampio, versatile, capace di cambiare volto con l’allestimento più semplice.

Espressione massima di archeologia industriale, l’Ex Dogana ha accolto la maggior parte degli appuntamenti del calendario (fatta eccezione per la sezione ‘In Town’ della tre giorni che prevedeva eventi disseminati per i quartieri centrali della Capitale). Il suo fascino decadente ha accontentato tutti, i maestri dell’alta moda romana e le promesse in erba delle accademie, ma anche chi, già da qualche stagione, sfida con successo le leggi del mercato. Guidati dai due big, Raffaella Curiel – che ha portato in passerella 45 donne fiorite come i bouquet dei chioschi dei fiorai- e Renato Balestra -che invece si è lasciato sedurre dai classicismi dell’età ellenica (tradotti in abiti-peplo impreziositi da lavorazioni importanti, capaci di simulare l’effetto del metallo) alternati ad inni al sole e alla positività- si sono esibiti i couturier di stanza nella Capitale: Giada Curti, che ha mandato in passerella ‘la Divina Marchesa’, una collezione ispirata a Luisa Casati, Anton Giulio Grande autore di sensuali donne-gatto e Luigi Borbone che per la sua alta moda si è lasciato guidare dall’Orlando di Tilda Swinton. Dall’India a Montecarlo quello di Nino Lettieri è stato il viaggio variopinto di una principessa che veste sari e completi porte-bonheur con stampa ad elefanti. Principesche anche le creazioni di Rani Zakhem. Abiti vaporosi e glamorous, perfetti per un salto nel tempo fino al ballo “Black and White party” di Truman Capote.

Alta moda, sì ma non solo. Perché fare la guerra alla fashion week parigina non è mai stata una buona idea. La chiave del successo anzi, è stata quella di differenziarsi, allontanandosi il più possibile dalla cugina  francese pur lasciando lo spazio meritato agli autori della couture capitolina. Per questo, con lo sguardo rivolto al futuro, la rassegna si è concentrata sempre più sui giovani, scelta che, solo nel tempo, si è dimostrata vincente. Ha sfornato talenti di anno in anno, con il concorso “Who is on Next?”, organizzato in collaborazione con Vogue Italia, sostenendoli e offrendo loro una piattaforma di lancio verso il successo internazionale. Da qui sono usciti nomi come Stella Jean, Arthur Arbesser (oggi direttore creativo di Iceberg) e Benedetta Bruzziches. Proprio a lei quest’anno Altaroma ha dedicato l’appuntamento “Road To Style – Celebrating Via dell’Oca e Via della Penna”, un giro per le due arterie centrali della città alla scoperta delle boutique locali e delle lavorazioni artigianali fondamentali per la creazione delle borse da sogno (sempre più frequentemente protagoniste dei red carpet più ambiti) della designer. Un tributo necessario per toccare con mano le possibilità che la manifestazione offre, negli anni, ai talenti in crescita oggi in prima linea tra le colonne fresche, ma comunque solide, dell’indotto.

Ne sanno qualcosa Massimo Noli e Nicola Frau, il duo del fortunato Quattromani. Il brand ha dato il via alla manifestazione con un giorno d’anticipo sfilando all’interno di Coin. Qui, tra scale mobili e corridoi ricreati per dar spazio alla collezione a/i 2016 (declinata pensando alla leggenda del rituale dell’Argia) é andato in scena lo stile contemporaneo del marchio, affiancato da corner occupati da altri giovani designer in ascesa: Avanblanc, Catherine de’ Medici 1533, Elena Ghisellini, Federica Berardelli, Giancarlo Petriglia e L72. Quest’ultimo, da ex finalista del contest, ha avuto spazio anche in passerella, alternandosi ad altri creativi emersi proprio dalla scuderia di “Wion?”: Miao Ran, Luca Sciascia, Giuseppe di Morabito e Greta Boldini con la sua “Indecent Beauty”.

Dai giovani ai giovanissimi, durante la rassegna hanno sfilato anche i 15 aspiranti designer dell’Accademia di Moda & Costume. Si sono sfidati portando tra le mura dell’Ex Dogana 6 creazioni ciascuno. A sbaragliare la concorrenza però è stata Ilaria Fiore, che si è aggiudicata anche una menzione d’onore fondendo abiti e accessori in outfit severi e rigorosi per moderne guerriere urbane. Sempre in tema di corazze poi, “A.I. Artisanal Intelligence” format di successo di Altaroma, che, ormai rodato da diverse stagioni e nato con l’intento di promuovere giovani realtà artigianali a livello globale, ha presentato “Body for the Dress”, episodio dedicato al rapporto tra abito e corpo. Impossibile non rimanere colpiti dal lavoro di Sadie Clayton. L’artista, che già in passato ha collaborato con Skin e con il fotografo Mark Lebon, lavora i suoi capi come fossero armature che si sviluppano in 3d per proteggere le silhouette di futuristiche eroine. Impressionante anche Úna Burke, che invece vanta in curriculum nomi come Madonna o Lady Gaga, e che si è occupata persino dei costumi di Hunger Games. Strepitosa artigiana della pelle, la designer ha esposto alcuni suoi corpetti scultorei cavalcando quel confine sottile che spesso separa moda e arte.

L’alta moda romana sembra quindi aver trovato il modo non tanto di lasciare il passo ai giovani cultori del moderno pret à porter, ma piuttosto di condividerlo, gestendo con equilibrio gli spazi in nome della creatività e dell’alto artigianato, e, non in ultimo, dell’intera città.