Ettore Scola è stato un grande intellettuale, di vecchio stampo, comunista, tutto d’un pezzo, che ha messo la sua arte e il suo sapere artigianale del fare cinema a servizio della sua lotta. La professione intellettuale che -per dirla con Antonio Gramsci- non separa l’homo faber dall’homo sapiens. Artista, cominciò come disegnatore alla rivista il Marc’Aurelio, poi scrittore, sceneggiatore di più di ottanta film, regista, uomo di gusto, elegante, autoironico, discreto, apparentemente severo ma custode di una grande umanità, Scola aveva una condotta morale così alta che poteva anche rifiutare un ultimo progetto cinematografico con Depardieu prodotto da Medusa:” Se devo fare un lavoro con qualcuno c’è bisogno di stima e questo lavoro io non lo posso fare” aveva detto. I suoi film sono capolavori. Alcuni titoli: “C’eravamo tanto amati”, “Una giornata particolare”, “La terrazza”, “Brutti sporchi e cattivi”, “Il. Dramma della gelosia”. Negli anni Ottanta poi girò quel grande affresco che è “La Famiglia”.
Ha saputo raccontare l’Italia che usciva dolorosamente dalla guerra e dal Fascismo e che cercava di riprendersi, rinascere, crescere, dimenticare gli orrori.
Aveva detto: “Il Cinema è un lavoro duro, ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto“. Quando gli ho telefonato qualche mese fa per proporgli un’intervista, mi aveva risposto così: ” Sei molto cortese, nulla di personale. Preferisco di no. Non mi va di parlare del passato e poi tutti i miei amici, a cominciare da Vittorio Gassman, Mastroianni, Fellini, oggi non ci sono più. Scusa, ma non me la sento”. Un grande intellettuale nostalgico. Tutto d’un pezzo.
