Marò, ancora persi dentro la trappola dell’angloindiano Marògold Hotel

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Nell’interminabile show governativo di fine anno e nel discorso presidenziale c’era una speranza. Quella di potere annunciare la fine della querelle italo-indiana per l’arresto dei due fucilieri di marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, avvenuto il 19 febbraio 2012. Mattarella si era spinto a chiamare Girone con l’”Impegno per soluzione positiva”.

La liberazione dei marò avrebbe offerto al Paese un risultato vero, una volta tanto non annunciato. Renzi aveva fatto balenare un’imminente svolta alla vicenda, grazie al pressing esercitato addirittura sul presidente americano Obama; per altro verso, era ottimista sul possibile congelamento del caso da parte della Corte indiana grazie ai buoni uffici del governo di Narendra Modi. Invece niente. Si entra nel quinto anno di sequestro per Girone a Delhi, e di tensione per Latorre, in convalescenza in Italia. E’ stata di nuovo rifiutata all’Italia la possibilità per i marò di attendere in patria l’esito dell’arbitrato internazionale.

Gli Usa, più che essere pressati, al contrario chiedono a Roma di non ostacolare l’adesione dell’India ad importanti organismi di controllo sull’export militare nucleare, missilistico e di distruzione di massa. L’Europa ha fretta di chiudere l’accordo commerciale quadro con Delhi. Gli indiani non vogliono ammettere la cantonata giudiziaria. Si preannuncia una lenta roadmap tra audizioni a febbraio, decisione a marzo del collegio dei 5 giudici della Corte dell’Aja e futuro processo forse in India, forse in Italia o in un Paese terzo.

Metà Italia si preoccupa dei marò, l’altra metà non ne pronuncia neanche il nome preferendo citare l’Enrica Lexie, la petroliera italiana sulla quale i marò avevano funzioni antipirateria. Nel mondo la vicenda non ha suscitato clamore, neanche davanti alle prove, sempre più evidenti, della pretestuosità dell’accusa.

Gli indiani imperversano, dal business dell’acquisita Pininfarina, all’arte contemporanea del sempre più pagato Kapoor, grazie all’ottima gestione commerciale della Galleria Continua. Nel cinema, le stravaganti, disgraziate, per non dire miserabili condizioni della quotidianità dell’India incontrano il favore del pubblico nordeuropeo tanto da aver giustificato il sequel del film Marygold Hotel nel The Second Best Exotic Marigold del 2015, vero trionfo della terza età inglese e della sua mai sopita passione per gli accomodanti e accomodati ex sudditi indù. Come è stato detto, un vero cinepanettone da Compagnia delle Indie.

Che siano revanscisti del British Empire o nipotini di Bowie, gli anglosassoni hanno sempre una passione profonda per il decorativo e olfattivo freak dell’India che non per altro, è patria del piercing e delle droghe vintage. Gli indiani, dall’altro lato, tra meditazioni, sonnolenze e pacifismi,  non hanno mai mancato di accodarsi alle truppe degli ex colonialisti, condividendone le opinioni sugli altri europei. Solo così i media mondiali sono passati sopra la ferocia del paese dei pogrom anticristiani e dell’uso disinvolto dell’atomica.

Pensano a New York e a Londra che in fondo Girone e Latorre passino il loro tempo in suggestivi ed odorosi Marigold hotel, già occasione di new life esotica anche per anziane e misantrope domestiche britanniche in pensione. A tanto si è adattata anche lady Pesc Mogherini. I suoi fratelli di partito strapparono via dal Campidoglio  i manifesti dei due fucilieri ed a Torino li svillaneggiarono in una mostra che li ritraeva offensivamente e ingiustificamente da killer.

Pensano nella distante Europa che Girone stia in un Marògold hotel indiano e Latorre in un secondo miglior esotico Marògold hotel, sito in quel Sud italiano, kitsch come l’India, anzi probabilmente peggiore per non aver goduto dell’impostazione del rule Britannia.

Che il 2016 liberi i marò dal Marògold hotel, allegoria di una fatiscente presenza internazionale.