Sembra lo studio di un alchimista, invece è quello di un artista. Barattoli di terre di ocra gialla, verona rossa, verde brentonico. Martelletti in marmo per pestare il colore e tele accatastate, sculture, dipinti. È invece la casa-atelier di Giuseppe Palumbo situata nella Lucca storica, in piazza San Francesco, accanto alla antica chiesa e al suo oratorio.
Palumbo è uno scultore e pittore veneziano trasferito nella città toscana da una trentina d’anni. Lavora da solo a sculture in terracotta, ferro, gesso e a pitture con nature morte, figure, paesaggi. Dipinge e scolpisce direttamente dal modello, come ai tempi di Caravaggio e caravaggeschi. Sembra fuori dal tempo, ma non lo è.
È uno di quei rari maestri che credono ancora nella pittura e nella scultura, che cercano la forma, il volume, il colore, la luce, sfidando ogni difficoltà, mercato compreso. «No» dice con i suoi occhi cerulei e la bella barba da artista cinquecentesco «il mercato non mi interessa, io dipingo per chi crede nella mia arte, per collezionisti e mecenati amici».
Schivo, di poche parole, ma impegnato in una profonda sfida con se stesso e con l’arte crea composizioni di grande finezza, studiate attentamente negli sfondi monocromi, su cui devono balzare nella loro corporeità gli oggetti. Nature morte delicate con melograni, paesaggi toscani, nudi femminili, figure virili. E di ciascun personaggio Palumbo racconta la storia: «Questa è una modella di professione, questo un universitario, questo un amico». Le figure e le cose sono realiste ma trasfigurate dallo stile rarefatto e sognante dell’artista. Tra tele e terrecotte spuntano anche cataloghi di mostre, come l’ultima appena chiusa a Genova “Giuseppe Palumbo. Figura come essere”.
http://www.palumbosculpture.com