Non è solo una questione di scontrini, bottiglie di vino, viaggi con o senza l’invito papale, e nemmeno di essere interni o esterni a paludosi intrecci. Dal nostro punto di osservazione il vizio d’origine dell’ormai ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato un difetto di politica culturale.
Sono tempi di vacche magre anche quanto a fondi pubblici per la cultura. E allora diventa fondamentale, per chi amministra, prendere decisioni e fare scelte. Esattamente ciò che non è avvenuto. Marino per non scontentare nessuna istituzione ha finito per scontentare tutti.
Il risultato è una sensazione di decadenza: mal-mascherata da proclami trendy che a volte sfociano nel grottesco. Meno teatri, meno cinema, meno musica, un’impressione generale di abbandono. Roma è all’anno zero anche per la cultura.
Ma ci sono segnali di vita. Ci sono, e non arrivano dal settore pubblico, ma da quello privato. Il restauro di Trinità dei monti sponsorizzato da Bulgari è uno di questi. La riapertura del Teatro Eliseo grazie agli sforzi di Luca Barbareschi è un altro. Se ci sarà una rinascita culturale a Roma verrà da questo settore (vedi modello Milano con la Fondazione Prada e altre iniziative). La strada è questa. Ed è ancora lunga.