Per gli Uffizi Luca Pignatelli si fa Mitridate

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Luca Pignatelli dona un’opera alla Galleria degli Uffizi, si tratta dell’autoritratto Mitridate, re del Ponto, che accompagna l’esposizione di altri otto lavori, realizzati a tecnica mista su tavola. L’esposizione ha luogo presso la Sala del camino degli Uffizi, fino all’8 Novembre prossimo. In questa intervista esclusiva l’artista ci racconta l’esperienza fiorentina.

Il riferimento alla classicità greca è un elemento da sempre caro alla tua ricerca artistica. Ritieni che il collegamento temporale con un mondo dalle ideologie e dai contenuti così intrinsecamente moderni seppur antichi possa fornirci una valida “difesa” per combattere una sorta di decadentismo della società odierna?

La mia ricerca è fatta di memoria e di tempo, ma anche di “spostamenti” di elementi da un luogo all’altro, o di appropriazione di forme simboliche, come in questo caso, riguardante la classicità greca: essa ha rappresentato un modello universale, ha trattato i temi salienti dell’umanità come mai prima, e le forme che ne sono scaturite, soprattutto nella scultura, sono quelle che hanno orientato le grandi riscoperte, come nell’arte di Leonardo e in una certa parte della fisiognomica. Di questo aspetto parla molto chiaramente Antonio Natali, direttore degli Uffizi, nel suo testo per il catalogo della mostra. Per quanto riguarda il mio lavoro è molto importante il trasferimento di elementi remoti che vengono così riportati alla contemporaneità, ovvero al tempo nel quale vivo ed opero, mi colpisce soprattutto il fatto che queste forme antiche possano trasformarsi in “contenitori” di altri contenuti, da qui nasce il titolo di questa mostra, Migranti.

L’esposizione consta di otto opere su legno e l’autoritratto Mitridate, re del Ponto, proprio quest’ultimo in dono agli Uffizi. Da cosa nasce la singolare scelta di un autoritratto raffigurato come personaggio dell’antichità qual’è Mitridate?

Mitridate era un re che faceva guerra all’impero romano, io non ho alcun collegamento con questo, m’interessava piuttosto realizzare l’opera da un punto di vista tecnico: in un museo come quello dello Uffizi, ricco di pittura su tavola, per la prima volta s’inserisce una tavola spaccata in due, questa è quindi una donazione che nasce per motivi puramente pittorici; ritengo comunque rilevante il senso della mostra, che ha il titolo Migranti proprio perché la specie umana è migrante per definizione, siamo in costante movimento e dai nostri spostamenti impariamo molto, e credo che l’apprendimento sia la caratteristica più chiara e reale di una migrazione umana, non solo nell’arte, basti pensare alla nascita della musica jazz nel Golfo del Messico attraverso lo schiavismo. Posso dire dunque che la scelta di ritrarmi come Mitridate ha una motivazione sia formale che culturale.

Tra i luoghi che hanno ospitato le tue esposizioni si annoverano spazi museali nazionali e internazionali prestigiosi, come per esempio la Galleria dell’Accademia a Firenze, il Museo di Capodimonte e il Museo Archeologico di Napoli, il MACRO e il MAXXI di Roma, il MAMAC di Nizza e il Leighton House Museum a Londra; la Galleria degli Uffizi rappresenta pertanto un ulteriore traguardo raggiunto. Come hai vissuto il rapportarsi ad un luogo di chiara fama mondiale, oltremodo ricco di arte e cultura?

Ho vissuto quest’esperienza come una specie di abbraccio con gli antenati, sapere che i miei lavori la sera “dormono” insieme ai capolavori assoluti dell’arte è motivo per me di grande coinvolgimento emotivo e di appartenenza al luogo, al museo. Devo dire che vedere la mia mostra montata nella Sala del camino è una grande soddisfazione anche per l’equilibrio che si è creato, credo che lo spazio del museo sia pur sempre come una qualsiasi parete dove appendi un quadro: in ogni caso il tuo lavoro si relaziona con l’ambiente che lo andrà ad accogliere, perciò tendo sempre a costruire una sorta di habitat ideale con le mie opere, soprattutto in questo caso che sono ospitate da fantastiche mura.