Basta immaginare (e ricordare) il teatro barocco. Messe in scena che ad oggi farebbero venire in mente, per complessità, artigianato, scelta dei colori, delle stoffe, delle luci, il palco di un concerto rock di oggi. L’opera è così: una danza di realismo e antirealismo che creano la “maraviglia” a forza di ago e filo, tinta, fondotinta, carpenteria, falegnameria, matita. Il libro Il bel mestiere, di Clizia Gurrado e Laila Pozzo (Marsilio, pp 256, 35 euro) è un atto d’amore e un tributo ammirato ai segreti legislatori della Scena. Gli artigiani appunto. Diviso in atti, in analogia al libretto d’opera, perfino con un coro di introduzione, raccoglie una serie di interviste a scenografi, costumisti, attrezzisti, macchinisti, truccatori. Ci sono maestri indiscussi come la costumista Franca Squarciapino (Oscar per il Cyrano di Depardieu), o Roberto De Rota, responsabile dei laboratori scenografici alla Scala, o Mario Audello, famosissimo creatore di parrucche teatrali.
“Ho voluto descrivere i meccanismi della fantasia” racconta la Gurrado a ilgiornaleoff.it, “perché ogni titolo d’opera diventa unico grazie all’inventiva e alla tecnica di artisti, a torto considerati “minori” e tenuti lontani dai riflettori, anche perché semmai, i riflettori sono nelle loro mani”. Proprio per questo la Gurrado è entrata nell’officina del Teatro: nel libro ci sono i segreti delle Valkirie del Ring wagneriano nella messa in scena diretta da Baremboim, le “fatal pietre” di Zeffirelli, i costumi di Aida indossati nel 1949 da Renata Tebaldi e poi da Maria Callas, e il tutù di Giselle portato da una smagliante Carla Fracci nel 1972. “Ho imparato che anche la creatività ha un suo spartito musicale, e siamo tutti compositori della nostra immaginazione” conclude l’autrice.