Piccoli mondi crescono in virtù dello zeitgeist

0
Scovato
Riccardo Bonfadini, Scovato

Un tempo, nessuno si scandalizzava se il lavoro di due o più artisti si assomigliava, o perché i contenuti erano sempre quelli (pensiamo alla persistenza di modelli nell’iconografia religiosa) o perché essi appartenevano a movimenti programmatici, pensiamo alle avanguardie del Novecento, che imponevano comuni soluzioni estetiche. Oggi, nel tempo dell’arte concettuale, le cose cambiano poiché – come ci spiega Francesco Bonami – vale l’idea, il primato dell’idea, la primazia dell’idea; visto che la realizzazione manuale non conta più tanto, conta appunto chi ha avuto per primo l’idea e l’ha raccolta platonicamente dall’iperuranio.

Eppure nel caso dei neominiaturisti pop più che al plagio potremmo appellarci allo zeitgeist, allo spirito dei tempi, per cui in un determinato momento molti nel mondo arrivano a concepire simultaneamente le stesse soluzioni o visioni plastiche.

Prendiamo per esempio Riccardo Bonfadini, o Dario Agrimi, o Adalberto Abbate o ancora  Francesco De Molfetta e nel resto del mondo l’inglese Roy Tyson o la statunitense Tracey Snelling. Tutti artisti che nelle loro opere realizzano, appunto, mondi miniaturali, costruiscono cioè installazioni dando vita a contesti realistici seppur surreali e in cui spesso il titolo costituisce una parte fondamentale per la riuscita dell’opera stessa, per la sua comprensione.

Una delle micro istallazioni di Slinkachu
Una delle micro installazioni di Slinkachu

E che dire di Slinkachu? Egli colloca i suoi omini in pose e atteggiamenti tali da costruire il set di incredibili fotografie, in cui mondo micro e mondo macro sembrano fondersi in un’unica dimensione.

Quale sia la tensione che regge questa nuova moda della miniatura non è ben chiaro, se non vagamente la possibilità di creare situazioni ironiche, pop, surrealistiche con pochi mezzi e tanta ironia. E forse per l’arte contemporanea basta e avanza.