Divine parole, l’anti-vangelo è in scena

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divine paroleViene finalmente rappresentato in Italia in un allestimento rigoroso e poetico uno dei capolavori drammatici del ventesimo secolo. Ossia quelle Divinas palabras del poeta iberico Ramon del Valle-Inclan che costruì in una superba epopea linguistica, a metà strada tra la parlata galiziana della sua terra d’origine e la ricreazione fantastica, la religiosità degli umili da un lato e le tremende condizioni della plebe contadina dall’altro. Dentro una storia che poco o nulla ha a che spartire con la poetica del primo Novecento dato che l’assunto si colloca, come direbbe Pasolini, in una impressionante antistoria.

Noto in Francia da anni grazie a una famosa tournée della compagnia di Nuria Espert che sbalordì l’Europa intera nella superba messinscena di Victor Garcia prima che a nostro discapito se ne impadronisse Franco Enriquez ad unico uso e consumo di Valeria Moriconi, il copione oggi ritrova il posto che gli compete nella drammaturgia contemporanea grazie al talento di un regista come Damiano Michieletto, felicemente prestatoci dal teatro lirico, che con impressionante rigore e acuta intelligenza rifugge dalla facile suggestione agiografica del manierismo.

Sulla scena ellittica di Paolo Fantin appare una terra di nessuno confinante col palco in degrado di un’antica Sacra Rappresentazione che si affaccia sul deserto dei corpi e la degradazione delle anime. In un impressionante rovesciamento del dettato evangelico parafrasato in un inferno senza speranza degno di un incubo sartriano, per merito dell’efficacissima direzione dell’intero cast. Che non si spreca in grida di rivolta ma staffila se stesso con le parole blasfeme tipiche di un corale di dannati in tragica e continua espansione.

Che nemmeno le disperate litanie del sagrestano Fausto Russo Alesi riesce a ricondurre nei margini di un moderno De Profundis. Subito di contro all’evangelica trinità di Maria, il Bambinello e l ‘Angelo inviato dal Signore qui incontriamo, occluso in una culla che sa già di bara, sia l’afasico neonato figlio di diabolici amplessi destinato ad esser divorato cadavere dai porci, sia la coppia di amanti diabolici. Esemplati dal fascino di un’eccezionale Federica Di Martino, potente nei toni e nelle pulsioni ataviche della foia, e dal suo straordinario partner Marco Foschi, che la brancica in un’esplosione di furioso primitivismo, tale da provocare applausi a scena aperta.
In uno spettacolo del nuovo corso del Piccolo Teatro che siamo lieti di applaudire.

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DIVINAS PALABRAS – di Valle Inclan.
Regia di Damiano Michieletto. Con Federica Di Martino, Marco Foschi e Fausto Russo Alesi.
Milano, Piccolo Teatro, fino al 15 aprile

7 Commenti

  1. Giustamente ad ognuno la sua opinione, e la rispetto, anzi è curioso come questo spettacolo possa generare commenti così estremamente contrastanti, ma non cadrei nel clichè del “se se ne discute vuol dire che ha colpito nel segno…”
    Per opulenza tecnica intendevo soltanto quello che ho detto: opulenza. Ossia mostrata, manifestata, sicuramente suggestiva…in ogni caso non credo che gli spettatori del Piccolo siano disabituati al l’estetica ben curata, anzi.

  2. Io prima di andare a vederlo ho letto il testo e la storia non è di facile comprensione in Valle Inclan. E’ anzi enigmatica e direi ancora più scabrosa e stringata.
    Penso che Michieletto abbia dato una sua poesia ai personaggi, elevandoli oltre alla mera trama.
    Septimo che lotta con Pedro Gailo, per fare solo un esempio….
    L’opulenza tecnica? A me pare piuttosto che un bravo light designer e un bravo scenografo diano il loro contributo. E poi siamo al Piccolo per Dio! il più importante teatro d’Italia!!…
    Forse siamo troppo abituati a spettacoli dove l’estetica non è curata: scenografie approssimative, luci che servono solo a far vedere gli attori (non c’è infatti il premio ubi per il light designer…).
    Penso non ci sia nulla di sbagliato in proporre un’estetica forte e raffinata. Quella di Michieletto lo è. Come lo era, in modo diverso, quella di Visconti.
    Gli attori li ho trovati molto affiatati ed è stato un piacere applaudirli alla fine.
    Luca

  3. Bellissimo spettacolo!!!
    Peccato che qualcuno non lo apprezzi per via di un’inutile purismo… Bravo Michieletto e bravissimi tutti i suoi attori. Un grande lavoro che merita di essere visto senza pregiudizi. Ad majora!

    • Non credo che chi non l’apprezzi lo faccia per amore del purismo. A me personalmente la regia é sembrata ridondante di segni, a volte affascinanti grazie all’opulenza tecnica, a volte assolutamente inutili, quasi presuntuosi. Sinceramente mi é sembrato di assistere ad uno spettacolo assai poco riuscito, a tratti innervosente per superficialità , non riuscivo a seguire la storia, e mi sarebbe assolutamente piaciuto farlo…Salvo gli attori, che si sono veramente prestati a tutto, senza remore. E dico tutto questo con grande dispiacere.

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