Il breviario anarchico furioso dei MaDe DoPo

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Foto band
I Management del Dolore Post-Operatorio

Fastidiosi come il loro nome, irriverenti come un disegno dell’amico Giuseppe Veneziano, e potenti come un pugno. Il prossimo 28 aprile i Management del Dolore Post-Operatorio, band punk nata a Lanciano fra i corridoi di un ospedale, pubblicheranno I love you, terzo album in uscita per l’etichetta la Tempesta. Undici tracce dedicate a «tutti quelli che quando arriva qualcuno che dice: “fate quello che volete, ma non toccate l’albero con la mela”, si dirigono immediatamente verso l’albero con la mela», spiega Luca Romagnoli, voce di quella che nel 2014, con l’album MacMao, è stata definita dal Meeting degli Indipendenti la miglior band indie dell’anno.

«Il filo conduttore di questo nuovo lavoro è una sorta di anarchia, sentimento non solo politico, ma moltiplicato per tutte le espressioni dell’io. Anarchia morale, religiosa, sentimentale, etica e sociale», spiega Romagnoli.  Un’irruenza musicale-concettuale che non risparmia neppure la “sacralità” del palco del concertone del Primo Maggio. Quando nel 2013 Romagnoli ha alzato al cielo un preservativo, simulando l’elevazione dell’ostia, l’esibizione venne oscurata in diretta.

I LOVE YOU copertina (anteprima)«Nel nuovo disco abbiamo inserito il pezzo Il Primo Maggio per ricordare quei fatti – continua Romagnoli – noi e i nostri fan siamo gallerie che, con un lavoro faticoso e impercettibile, portiamo sulle spalle lo stupido e gigante peso dei fantasmi del potere mediatico, religioso e politico».  A comporre la nuova fatica pezzi graffianti come l’apertura del disco Se ti sfigurassero con l’acido, oppure Scrivere un curriculum, Scimmie e Per non morire di vecchiaia, un monito a non perdere la rabbia contro chi vorrebbe manipolare i nostri sogni.
«La prima canzone è una reinterpretazione del mito di Orfeo ed Euridice, mentre Scrivere un curriculum è un adattamento della splendida e omonima poesia di Wislawa Szymborska – sottolinea – ogni verso è una stoccata al mondo del lavoro, che ci rende dei fogli di carta bianchi, o peggio dei fogli di carta pieni di cose che non rappresentano chi siamo».

La chiusura è affidata all’inno Lasciateci divertire. «Un rifiuto dei canoni e delle regole che da sempre l’arte cerca di superare, perché l’arte non può mai essere stretta nei confini della moralità – conclude il cantante – a tutti i giovani liberi il compito di battersi contro chi vorrebbe spiegarci come essere felici».