Jamal Ouassini, l’avventura sulle corde. Da Tangeri a Roma

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jamal-ouassini-602x318“Viaggiare è cultura; spostarsi è cultura; osservare, domandare, assorbire è cultura. Non c’è conoscenza che non passi attraverso la curiosità di apprendere le diversità. Sono queste in estrema sintesi le linee guida del pensiero di Jamal Ouassini, maestro violinista, marocchino di Tangeri che ama però definirsi uomo del mondo. Off per eccellenza, insomma. “Tangeri è sempre stato un punto di incontro, un porto di approdo e partenza di persone e merci. Si sono alternati e sovrapposti spagnoli, francese, inglesi, tedeschi, italiani, arabi. Ognuno di essi ha insegnato e lasciato qualcosa a Tangeri e di riflesso anche a me”.

Ouassini ne parla con evidente ammirazione ed un velo di nostalgia, ma non per questo pensa che Tangeri sia l’ombelico del mondo. Ha scelto invece l’Italia per vivere e dare espressione alla sua arte. Impegno musicale associato all’impegno civile che prende forma con l’associazione Ziryab, ente attraverso cui mette in relazione e dà voce alle diverse “anime mediterranee”. Fa seguito all’omonimo ensemble creato negli anni Ottanta e che sino ad oggi ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali. “Nasco marocchino, vivo in Italia, ho amici bulgari e spagnoli. Quando suono nessuno si chiede se sono musulmano o cattolico ma ascolta le note e ne legge il significato. Percepisce un messaggio e lo fa suo”. La musica può differenziarsi per accento o dialetto, ma il ceppo è universale.

Ouassini è tra i più grandi esecutori e compositori contemporanei di musica arabo-andalusa. Una tradizione nata all’alba del primo millennio dopo Cristo nella Spagna meridionale (Cordova, Siviglia e Granada) dove convivevano cristiani, musulmani di nascita, spagnoli convertiti e una minoranza di ebrei; un’alchimia culturale che è durata per oltre ottocento anni e che ha contribuito a creare quella che poi è divenuta la musica classica del mondo arabo. Ma non per questo è appannaggio esclusivo degli arabi.

E per spiegarlo Ouassini usa una metafora culinaria: “I milanesi sono orgogliosi del loro piatto tradizionale: il risotto allo zafferano. Ma lo zafferano è una spezia, forse la regina delle spezie, portata nel nord Italia dall’Asia Minore e dal bacino del Mediterraneo attraverso le flotte veneziane. Quindi, senza il viaggio, senza la conoscenza, senza lo scambio, i milanesi oggi non avrebbero uno dei loro piatti tradizionali”. Quando Ouassini scelse l’Italia (prima per studiare al conservatorio di Verona, dove poi ne divenne insegnante, poi Bologna e Reggio Emilia) era il 1978, i famigerati anni di piombo. C’erano i sacchi di sabbia alle finestre, “ma come ci sono ancora oggi nelle zone sensibili. Anche adesso a Tangeri c’è più polizia rispetto a qualche anno fa, ma per me significa più sicurezza, non più paura come invece erroneamente potrebbe apparire”.

Ouassini ha imparato ad osservare con una prospettiva non omologata, un insegnamento che gli deriva proprio dall’esperienza perché “soltanto chi non ha mai viaggiato è pieno di pregiudizi. Il senso del viaggio, dello spostamento, dell’incontro è riuscire a fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare. Tutti coloro che si spostano hanno una storia da raccontare, può essere d’amore o di terrore, ma è una storia della loro vita e proprio come tale va rispettata e conosciuta”.

Ouassini nel giugno dello scorso anno è stato scelto per suonare ai Giardini Vaticani come violinista solista in occasione dell’incontro tra Papa Francesco, Abu Mazen e Shimon Peres. Nelle prossime settimane Ouassini darà vita all’istituto “Dante Alighieri” per la diffusione della lingua e cultura italiana a Tangeri. “Era triste vedere un luogo di cultura e di storia dimenticato e abbandonato a se stesso. È mia intenzione creare un network culturale che riesca a dare corpo a tutto quello che di bello e di buono c’è lungo le coste del nostro Mediterraneo. Che è tanto”.