Dalla Cabala ai canti dei Curanderi: la moda secondo Ludovica Amati

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Cresciuta a stretto contatto con il mondo dell’arte e del cinema, ri-esplorarando suoni, ricordi e memorie. Nel percorso di stile della designer Ludovica Amati, la parola d’ordine è fusione che – senza accozzaglia alcuna – la esorta a intingere l’estro nel multiculturalismo divenuto suggestione: «A 18 anni, terminata la scuola dell’obbligo, mi sono trasferita da Roma a Londra e, successivamente, dall’Inghilterra ho raggiunto il Medioriente per poi arrivare in India dove – travolta dalla passione per le tradizioni, i riti e i costumi – per assurdo mi sono sentita subito a casa. Rimasi accecata dalla bellezza e dalla compostezza delle donne indiane ché, anche nelle caste più basse, esibiscono un nobile portamento innato. Fortemente ispirata, dopo aver abbozzato l’identità di quella che sarebbe stata la mia prima collezione, ho intrapreso una minuziosa ricerca sui tessuti vivendo fra le tribù dell’India del nord».

un modello fusion di Ludovica Amati
un modello fusion di Ludovica Amati

Fra gli impalpabili pezzi di una couture garbata, corpi bagnati dai codici che aprono canali e abbracciano il valore numerico della Cabala e dell’ebraismo: «Come la collezione dedicata ai Curanderi dell’Amazzonia Shibipo che intonano canti decodificati e svelati sul tessuto. Ho voluto da sempre creare un guardaroba che mi somigliasse, che toccasse le mie corde emozionali, che raccontasse la mia vita e la mia idea di bellezza». Ludovica veicola attraverso la sua moda – prodotta da quest’anno, come Fendi e Valentino, dalla Sartoria Massoli di Casperia – armoniosi messaggi di pace: «Dalla sfilata-performance al Castello Sforzesco di Milano – spiritualizzata ad arte dalla voce di Joanna Preiss che accompagnava il passaggio delle matronite avvolte in preghiere stampate su seta e in tallit sui quali ho ricamato i nomi delle madri d’Israele – all’ultima collezione, nata da una collaborazione con un caro amico rabbino con il quale ho realizzato 90 tavole estrapolate dallo Zohar, il libro più importante della tradizione cabalistica». Simbolici come la luce divina del Caravaggio e ipnotici come il passo lento delle modelle che in passerella prendono le distanze dalla frastornante frenesia contemporanea, le creazioni di Ludovica Amati sono dedicate a una donna lucente, sfiorata e mai soffocata dalle vesti: «Sto lavorando a una collezione ispirata alla mia musa e amica Asia Argento perché, viaggiatrice colta e intellettuale, incarna il candore autentico e i codici che tanto amo».