I “digital champions” e i mulini a vento. L’Europa scimmiotta gli Usa (e tanto per cambiare ha toppato)

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Don QuijoteNon è chiaro quale sarà il carattere dell’Europa del neopresidente Juncker. Una delle trovate più bizzarre della passata gestione è stata la carica di Digital Champion, istituita nel 2012, per nomina congiunta di Bruxelles e di ogni stato dell’Unione. Il risultato di oggi è che il nostro Paese, sempre denigrato per essere poco innovativo e meno digitalizzato, pupulla di campioni digitali. Per parafrasare il rapper Frankie, “sono in mezzo a noi, sono come noi, tanti e distanti”. I campioni digitali italiani sono presenti nelle grandi città e nei paesini. Sono 23 nel torinese, 51 nel milanese, 83 tra Brescia e Verona, 76 nel padovantrevigiano, 13 in Friuli , 25 nel genovese, 49 in Emilia Romagna, 36 in Toscana, 10 in Umbria, 37 sull’adriatico, 84 nel napoletano, 29 nel foggiano, 32 nel salernitano, 23 nel calabrese, 25 a Catania, 13 a Palermo, 73 nel leccese, 19 ad Olbia, 5 nel sassarese, 30 nel cagliaritano.

Studenti, professoresse, volontari, commercialisti, piccoli imprenditori, impiegati pubblici (e anche ingegneri), sono 736 campioncini di un moderno esercito della salvezza digitale. Un vero partito di uomini e donne di fede che trovano nel computer e nel web la soluzione epocale ai mali della società e della vita: la solitudine, l’immoralità, l’egoismo, la povertà. Che guardano speranzosi al nostrano Campione Digitale, il giornalista Luna, per un nuovo sol dell’avvenir. Oppure che interpretano a modo loro la mission, che tanto non è né retribuita, né coordinata, per aiutare o combattere il proprio Comune, lavorare dentro il partito o sputtanarlo, sostenere gli invalidi o fare le pulci agli assegni di invalidità, sostenere la pace in un modo o nel suo contrario.

Il fatto è che anche i 24 Campioni veri, nominati dai paesi, hanno un compito a dir poco nebuloso. Dovrebbero, da ambasciatori dell’innovazione, rendere i propri cittadini “digitali”. Cosa significa? Convincere la gente a buttare via i libri in favore dell’e-book? Far acquistare più connessioni a Internet? Sabotare gli uffici bancari per passare al banking on line? Tanto più che tra associazioni, gradi imprese, e capi informatici pubblici numerosi quante sono le sedi fisiche dell’apparato centrale e locale, sono già migliaia i rappresentanti apicali dell’information technology, ben retribuiti e professionalizzati. L’Europa tanto per cambiare ha toppato.

A sua discolpa, può dire che è scivolata su una buccia di banana lasciata dal presidente Usa Obama. Fu lui a lanciare il Campione digitale, nominando l’indio Kundra, primo capo Ict Usa al tempo delle aperture dell’Iniziativa Open government. Si sa poi come è finita. Con Snowden, con le organizzazioni della trasparenza ad accusare la Casa Bianca di imbrigliare gli Open Data pubblici e farsi la privacy altrui. Con il mondo a protestare per intercettazioni e spionaggio fatti via cloud e web. Kundra se ne andò dopo un paio d’anni sostituito da figure sempre più scialbe. In Gran Bretagna, all’inizio, la baronessa di Soho, Martha Lane Fox, fu felice di essere la reginetta digitale. Poi vi rinunciò e con lei il governo. Idem ha fatto la Spagna. Il diffuso partito campionario digitale italiano è una retroguardia ritardataria delle tante trovate di Obama, dai Kids on line, ai dissidenti arabi digitali, dal merchandising obamiano Apple e Vogue fino alla raccolta tramite social network del 25% dei fondi della rielezione 2012.

Cervo e Ferraresi, ne “L’irresistibile ascesa di un’illusione” parlarono del mito obamiano dell’era della fine del male nel mondo. Pezzo importante del mito, il demiurgo digitale va ancora forte in Italia, dove si difendono le teorie del 44° presidente Usa. Solo alla Leopolda accolgono a braccia aperte l’esperto di campagne social di Obama, Moffo in fuga ormai dal suo paese. I campioni digitali possono però ancora usare bene il loro Esercito della salvezza. Nel principale paese elettronico d’Europa, l’Estonia, il Campione è lo stesso Presidente della Repubblica. Ecco, ci vorrebbe un Quirinale digitale. Sai che salto dal predecessore brezneviano (peraltro sempre d’accordo con Obama ed i campioni farlocchi). Se dev’essere Campione, lo sia sul serio, un Lancillotto munito di mouse d’acciaio e non di una matita.