Rodolfo Laganà è Nudo proprietario al Teatro Ghione di Roma

0

LaganàPensieri ricorrenti, preoccupazioni, ansie ingiustificate, paranoie, come il costante ricordo della rata del mutuo da pagare. Il paradosso è che passiamo tutta la vita a pagare un mutuo di una casa, che quando finalmente è tutta nostra, dobbiamo andare dal notaio per decidere di intestarla a qualcun altro. O pensieri inappropriati, come il “difendersi da occhi indiscreti” mentre si digita il proprio codice segreto allo sportello del bancomat; intrusivi come i socialnetwork: cosa metto? Mi piace, non mi piace più o condivido? Status come pensieri che non sono mai nostri, appartengono sempre ad altri, ecco il problema: gli Altri. Ci paralizzano, ci giudicano, se ne approfittano, ci fanno erigere barriere insormontabili e irrazionali. Da tutte queste ossessioni o falsi problemi, compulsività date da una società frenetica e multimediale, ci fa ridere e riflettere nuovamente un autore attore comico molto noto e apprezzato nella Capitale: Rodolfo Laganà; presenta il suo nuovo spettacolo: Nudo proprietario al teatro Ghione di Roma.

Immerso in una scenografia imballata di ricordi, con un unico neurone a fargli compagnia, a cinquantasette anni suonati, l’attore ripete che l’angoscia e il timore per i falsi problemi con l’avanzare dell’età, di colpo scompare. Decide perciò sul palco di fare “outing” pronunciandolo alla romana, spazzando via tutte quelle sciocche superstizioni, quelle smanie stupide di possesso e accaparramento, quella bramosìa di accumulo seriale di cose inutili che ci compromette e avvelena l’esistenza. Nudo proprietario ripete a se stesso, quindi pronto a dire la verità, davanti allo specchio e anche difronte a un pubblico: “Sono pigro e sono malato”. E così svela di quella subdola infiammazione che colpisce la mielina, comunemente denominata SM. Da questa rivelazione, da questa diagnosi, la visione di Laganà si acuisce al senso della vita vera, degli affetti, della condivisione. Niente più schiavitù, corse affannose, smanie di arrivare, sgomitate. Fermiamoci tutti un attimo: ascoltiamoci, e se è possibile, condividiamo con gli altri senza il riparo di una tastiera o di un monitor, ma con un abbraccio, una risata, uno spettacolo di teatro. Applausi scroscianti di un pubblico numeroso e riconoscente.