Quattro interpreti per un grande testo classico
Sullo sfondo di una sorta di terrain vague qui brillantemente equiparato allo spazio nudo del Teatro Studio, si agita, si sposta, ci sovrasta e ci investe nel doloroso abbraccio delle escluse dalla vita, il gran stuolo delle “Troiane”. Non ridotto ma esaltato dalla presenza di quattro mirabili corifee: l’esemplare Cassandra di Manuela Mandracchia, la suadente Elena di Sandra Toffolatti, l’accorata Andromaca di Mariangeles Torres e la magnifica Ecuba di Gianna Giachetti. Che, rifiutato a priori l’apporto di una regia che avrebbe gravemente inficiato lo sforzo collettivo attoriale, hanno accuratamente privilegiato del grande testo accanitamente studiato non solo in ogni verso ma si suppone in ogni respiro del movimento vocale (che qui si traduce in esame accanito delle pulsazioni tradotte prima in parola e subito dopo in spartito di impressionante vocalità) sembrano davvero scaturite dai lacerti che ce ne tramandano la storia.
Senza mai ricorrere a quegli stolidi artifici, o peggio saliscendi vocali che con la scusa di illustrare il fatto tragico ne depauperano l’alto stile tragico, le interpreti di questa saga al di fuori dello spazio e del tempo, dopo aver attinto non solo ad Euripide ma ad una ricca selva di incessanti rimandi letterari, spiegano il loro talento. In un saliscendi di classica bellezza da antologia che vanno da Licofrone per il dramma di Cassandra, approdano ad Ovidio poeta, affrontano l’impietosa scansione di Seneca e si rifanno al moto alterno di Omero per approdare al nobile segno della parafrasi moderna di Sartre. Non indossano vesti preziose ma indossano nella carne e nello spirito il tragos che le domina da parte a parte.
Ma non, come si potrebbe facilmente evincere, come un’equipe di baccanti. Sono donne che la morte di Troia città stato ha tramutato in drammatici lacerti di pianto. Anche se non sfruttano mai il facile ricorso alla lacrima per commuovere il pubblico ma invece, calandosi dentro l’origine del grido che scuote il respiro dando vita alla piaga sanguinosa che le strazia, ci fan davvero comprendere quale sia il comportamento delle vittime. Quando viene loro negato persino l’equilibrio del dolore e, dal nemico che noi non possiamo scorgere, sono costrette a celebrare l’orrore con le nude parole dell’exitus in un tormento che mai avra’fine. Come stupenda- mente ci ammonisce Gianna Giachetti che piega la perfetta dizione del suo canto di morte al vaglio classico di una strumentista.
LE TROIANE – da Euripide ad Ovidio, Seneca, Sartre ed Omero
Artisti Riuniti. Piccolo Teatro di Milano, al Teatro Studio