Marco Filatori racconta il dramma della malattia degenerativa
di Maria Lucia Tangorra
Ci sono spettacoli che ci mettono di fronte alla realtà, per quanto dura. Tortellini crudi di Marco Filatori, in scena fino al 25/10 al Nuovo Teatro Ariberto (Milano) è tra questi. L’autore, attore e regista si propone di sensibilizzare il pubblico sul tema dell’Alzheimer. Sotto forma di monologo “puro” e sfiorando qualche corda del teatro di narrazione, Filatori porta in scena la propria esperienza: un figlio che ha provato, man mano che il tempo passava, cosa significasse vedere la propria madre “regredire” con il corpo e col cervello.
Sulla scena, a sipario aperto prima che Tortellini crudi abbia inizio, c’è un orologio le cui lancette scorrono a pandant con la perdita di memoria, orientamento, percezione di sé della madre del protagonista-attore-autore. Filatori parla di un argomento drammatico con delicatezza, senza retorica, si rivolge ora a sua madre, ora ai famigliari, ora al pubblico, in bilico tra la linea della vita e del tempo. Le conseguenze di questa malattia oscura le percepiamo come un carillon la cui musica si è inceppata.
In alcuni momenti il ritmo cala -certo non è semplice tenere alta l’attenzione quando affronta un simile argomento da soli sul palco- a far da contraltare ci pensano poi rievocazioni dolci e simpatiche perché, come sottolinea anche il sottotitolo: “L’alzheimer è una cosa seria, ma mia madre fa cose buffe”, alcune azioni sono sintomatiche, ma forse l’unico modo per affrontarle è abbozzare un sorriso e non far pesare che la madre abbia messo, per esempio, le scarpe nel frigo. L’augurio è che il teatro, il cinema e l’Arte possano avvicinare e sensibilizzare anche un pubblico diverso rispetto a quello che solitamente si interessa di certi temi (come gli anziani stessi perché temono di poterlo sperimentare sulla propria pelle), partendo magari proprio da quei nipoti che si potrebbero trovare a relazionarsi con nonni affetti dall’Alzheimer.
15/10/15
