Giulio Zanet, la ragione e il caos

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La pittura in bilico tra rappresentazione e astrazione

di Elisa Fusi

Nato nella provincia torinese nel 1984, Giulio Zanet si trasferisce a Milano, dove studia all’Accademia di Brera e inizia una feconda attività espositiva. Alla ricerca di stimoli e contatti con altri artisti, partecipa a diversi premi e residenze internazionali.

La sua arte ha subìto un’incessante evoluzione, si è affinata e intellettualizzata seguendo una direzione di ricerca. Inizialmente era l’uomo, corpo e volto, a interessare l’artista, ma la contestualizzazione dell’umano in scene e ambienti diversi porta Zanet ad abbracciare la prospettiva e le architetture. Ed ecco la svolta: «A un certo punto ho tolto la figura umana e mi sono concentrato sulla composizione geometrica; sono comparsi i solidi e le strisce, che rappresentano alla perfezione l’infinita lotta tra ordine e caos». I solidi e gli oggetti si stagliano su background cromatici neutralizzanti: composti da strisce parallele e ripetitive, realizzate con scotch e piccole assi di legno imbevute di colore, bloccano la tela nell’atemporalità, fondendosi e colando le une nelle altre.

Gli oggetti, quando presenti, occupano lo spazio in modo frammentario e discontinuo, ma non irrazionale: «C’è sicuramente una forte componente casuale che interviene nella creazione di un quadro. Ma la casualità è un aspetto diverso rispetto all’irrazionalità. Credo di essere piuttosto razionale quando lavoro». L’artista crea dei corto circuiti tra un’immagine sicura di quello che vuole rappresentare e la sua smaterializzazione in colori e spazi dalla profondità irrazionale, con l’effetto di un disordine premeditato, quasi surreale.

La figurazione è assente o si riduce al minimo, e il racconto, o meglio l’evocazione, è affidata alle variazioni cromatiche, in una tensione continua tra stasi e movimento, informità e forma, regolarità e casualità. «Mancano sempre di più, a livello visivo, i riferimenti alla realtà, ma il mio lavoro parla della realtà e dell’essere umano pur non rappresentadoli». È un lavoro che suggerisce e suggestiona lo spettatore, anche attraverso i titoli, che «aggiungono un pezzetto di una storia che non c’è».

Tra sperimentazione e gioco, provocazione e visionarietà, le creazioni di Zanet esprimono “l’eterno tentativo e l’impossibilità di ordinare il caos“.