di Pierpaolo De Mejo
Il tempo aggiusta tutto. Si dice spesso. Ma esiste davvero, il tempo? O è solo una credenza popolare, un superstizione, una scaramanzia, una canzone? Il tempo si passa a immaginare, ad aspettare, e poi, all’improvviso, a ricordare. E dunque, le cose belle arriveranno? O le cose belle erano prima? Presentato a Roma il 16 giugno il documentario “Le cose belle”, diretto da Agostino Ferrente e Giovanni Piperno, prodotto da Pirata M.C., Parallelo 41, Point Film con Bianca film e Ipotesi Cinema, e distribuito da Istituto Luce, uscirà nelle sale a partire dal 26 giugno. Il film racconta la fatica e la bellezza di crescere al Sud attraverso tredici anni di vita di quattro ragazzi, Adele, Enzo, Fabio e Silvana, raccontati in due momenti fondamentali delle loro esistenze: la prima giovinezza nella Napoli piena di speranza di fine secolo scorso e l’inizio dell’età adulta in quella paralizzata di oggi.
“I protagonisti sono gli stessi del documentario che realizzammo nel ‘99 a Napoli, per Rai Tre, intitolato “Intervista a mia madre” – raccontano i registi -, nel quale raccontavamo la vita di quattro adolescenti e del loro rapporto con le proprie famiglie (principalmente con le mamme).
Li filmammo in quella fase della vita in cui gli occhi brillano di una luce speciale e in una città dove tutto sembrava più forte: la violenza, le speranze, l’energia, la sensualità, la rassegnazione. La relazione tra noi e loro fu improvvisa, straordinaria e intensissima. Inoltre capitammo a Napoli in un periodo storico in cui la città sembrava guardare al futuro con ritrovata fiducia”.
Dieci anni dopo, passando dalla Napoli del rinascimento culturale, che attirava artisti da tutto il mondo, a quella sommersa dall’immondizia, i registi sono tornati a filmare i loro quattro protagonisti per un arco di quattro anni, constatando che oggi l’autoironia ha ceduto il posto al realismo, e che alle “cose belle” Fabio, Enzo, Adele e Silvana non credono più, o forse hanno imparato a non cercarle nel futuro o nel passato, ma nell’incerto vivere della loro giornata, nella lotta per un’esistenza difficile: spesso nuotando controcorrente, talvolta lasciandosi trasportare.
Sono fiori che nascono tra le rovine, circondati dalla dignità e dalla bellezza delle persone in una Napoli che, insieme ai suoi mali, è sempre fonte di ispirazione ed energia, in quel suo tessuto magmatico, dove il bene e il male vivono in prossimità, dando un volto alla complessità della storia e dell’esperienza umana.