Li chiamano writer, ma sono vandali

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ilvandalo-557x262-spirlìDiciamoglielo! Uno di noi, me compreso, si assuma la responsabilità di comunicargli che è un vandalo travestito da aspirante artista. Avvisiamolo che non glielo consentiamo di sporcare le nostre città. I nostri monumenti. Uwe Jaentsch, austriaco. Imbrattatore e riciclatore di rifiuti. Alcuni palermitani – pochi – lo considerano artista. Molti lo accompagnerebbero al porto, lo aiuterebbero a riempire una scialuppa di viveri e comodità, e lo equipaggerebbero per un lungo viaggio solo andata verso altri lontani lidi.

Da anni vive in una delle Città più belle del mondo, quella che considero la mia Capitale sentimentale. Palermo. Madre del Sud e Porto dei Popoli. Casa delle Arti e Culla di ogni Cultura. Gente di Sicilia, Mori, Normanni, Svevi, Angioini, Inglesi, Spagnoli… Ogni mente, uno scritto. Ogni mano, un Palazzo. Ogni artista, una tela, una statua. Pirandello, Sciascia, Buttitta… E la voce della terra e del mare, Rosa Balistreri. Giuni Russo con lei. Battiato. D’ogni pensiero, d’ogni colore. A fabbricare. Mattone sopra mattone. Una fucina. Per Titani. E, lui, l’artista alternativo anche a se stesso, da anni, provoca la pazienza della Città. Con scritte, murales, installazioni artistigne di materiali di scarto. Quasi spazzatura.

Una su tutte, una sorta di gigantesca cattedrale fatta di rifiuti installata nel cuore dell’ex Loggia dei Catalani, già offesa dagli alleati nella guerra di metà Novecento. O, peggio figlio del peggio, la fotografata Banca Nazion, un’insegna piangente inchiodata all’ultimo piano di un vecchio palazzo a Piazza Garraffello. Demolita e rimontata con cocciuta tenacia da convinto artista da marciapiede. Talmente cocciuta da permettergli di offendere la storica Fontana barocca (1591) del Garraffello con la scritta SI VENDE, in vernice spray rosso inferno. Una libertà che si è preso senza il minimo rispetto per la Storia del nostro Paese, che, pur decadente, la indossa con onore e amore filiale.

Di chi è la responsabilità? Di quegli eserciti di radicalchic che governano malamente e che, vuoti alla nascita, da quel maledetto 1968 in poi, giustificano ogni vergognoso prodottaccio e lo battezzano con nome antico e destino moderno. Arte contemporanea, la chiamano. E artista è detto chi la pratica. Il misero guaio è che di questi postmadonnari globetrotter, postwarhollari senza quid, ne sono evasi fin troppi dai contenitori stagni. E tutto il Belpaese ne è invaso. 

Penso ai graffiti metropolitani spalmati arrogantemente su treni e stazioni ferroviarie di ogni città, a certe orribili statue ferrofuse piantate nelle rotonde degli incroci stradali anche dei paeselli più remoti, alle installazioni fatte di stracci e nani da giardino che si incontrano in certe mostre supponenti. E – tremo ancora! – a quella mosca morta poggiata su un batuffolo di cotone, esposta alle Scuderie papali a Roma. E che era, appunto, un’opera d’arte contemporanea. Libere interpretazioni di sicuri malesseri personali, di cui non certe sono le guarigioni. Sicuro, però, ed inesistente il valore artistico. Modigliani, Dalì, Monet. Caravaggio, Brunelleschi, Michelangelo. Leonardo. Erano altro. Altro da Uwe : artista o vandalo?

Concludiamo segnalando che molti supposti “artisti” in molte nostre città riducono regolarmente le facciate di case e palazzi a un brogliaccio per i loro scarabocchi provocando migliaia di migliaia di euro di danni ( rimuovere le scritte costa, e tanto!).