La miscela esplosiva composta dal ministro Franceschini, dal sindaco Marino e dai sindacati può fare alla cultura danni peggiori dei crolli di Pompei. Ci riferiamo alla “Notte dei musei” (www.lanottedeimusei.it), un’intelligente iniziativa che è anche un potente strumento di marketing culturale e che, tra l’altro, allarga i normali orari di apertura di musei e gallerie. Permette quindi a molte più persone del solito di fare un’esperienza culturale probabilmente nuova nel momento più logico della giornata, cioè la sera.
In un Paese civile, infatti, dovrebbe essere del tutto normale decidere di entrare in un museo dopo una giornata di lavoro oltre ad andare in palestra, fare shopping oppure al posto di un aperitivo. Anzi, se proprio l’aperitivo si potesse prendere all’interno di un museo meglio ancora. Ma tant’è, questa per il momento è utopia. Invece oggi c’è il rischio molto concreto che anche una sola notte di apertura straordinaria dei musei vada a monte per la bellezza di cinque persone. Perché i sindacati non solo si rifiutano di aderire sostenendo che i loro turni di lavoro sono incompatibili con la mezzanotte anche di un solo giorno dell’anno, ma si oppongono pure all’utilizzo di volontari esterni che invece si dichiarano disponibili ad andare a letto tardi per tenere aperto il Colosseo.
E allora il ministro della cultura che fa? Incarica l’ultima delle sue segretarie per risolvere il banale problemino? Alza il telefono e ribalta dalla sedia il sindaco di Roma? No, “auspica” una soluzione. Sussurra, fa il discreto, tenta una moral suasion manco fosse davanti a Putin per scongiurare la guerra in Ucraina. Si genuflette davanti ai custodi del monumento chiedendo loro la cortesia di voler gentilmente concedere qualche ora di straordinario per evitare all’Italia l’ennesima figuraccia internazionale nella cultura, campo nel quale dovrebbe primeggiare.
Siamo al paradosso, ma pur tralasciando gli evidenti profili di comicità della questione, resta lo storico e anacronistico atteggiamento di sospetto, per non dire di aperto conflitto, che una certa sinistra ancora cova nei confronti del privato. Anche di fronte all’ennesima dimostrazione del fatto che la valorizzazione dei beni culturali è una questione dalla quale lo Stato deve stare lontano per manifesta inadeguatezza, i sacerdoti della burocrazia non demordono. Non riescono a capire che i beni culturali sono il principale capitale sociale della nazione solo se vengono resi davvero fruibili. Naturalmente in sicurezza, ma allo stesso tempo aperti al maggior numero possibile di visitatori. Può sembrare una banalità, ma è molto più difficile aprire le menti piuttosto che i cancelli del Colosseo.
Leggi qui le linee guida per Liberare la Cultura di Edoardo Sylos Labini