Quando la gioventù spacca

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Dalla TV al cinema per rompere la separazione tra le arti.

 

Spesso bisogna fare di necessità virtù ed è questa consapevolezza che avrà spinto alcuni attori italiani ad accettare ruoli in fiction e serie TV di successo, senza dimenticare la qualità né rincorrere la popolarità. Alessandro Roja e Edoardo Leo hanno costruito la propria gavetta passo dopo passo, superando quella linea di demarcazione che troppo frequentemente racchiude l’artista nel mezzo con cui si esprime. I loro destini si sono incrociati nella prima serie di “Romanzo Criminale”, diretto da Stefano Sollima. Leo si era già fatto conoscere grazie al suo Marcello in “Un medico in famiglia”, Roja ha lasciato l’impronta più indelebile proprio con il Dandi nella fiction ispirata alla banda della Magliana.

“Io spero di poter spiazzare sempre tutti il più possibile”, aveva affermato Roja quando “Song ‘e Napule” dei Manetti Bros è stato presentato allo scorso RomaCinemaFest, e ci sta riuscendo con il percorso costruito in questi anni, forse ancor più con il ruolo di Paco Stillo nella commedia poliziesca “neomelodica” in uscita il 17 aprile. “La gavetta è una cosa proprio bella, devi spingere una ruota pesante, c’è selezione e, nel Paese delle scorciatoie, essere gavettari è bello” – ha dichiarato ieri l’attore romano al Bif&st. Attualmente in sala con tre film, Leo ci offre uno squarcio onesto e lucido su quello che è capitato agli artisti della sua generazione, che solidarizzano creando connubi (vedi il sodalizio creativo con Massimiliano Bruno e Paolo Genovese): “Nessuno di noi ha avuto un’esplosione nella prima parte di carriera”. “Annusandosi” tra loro e grazie al feedback del pubblico, Leo ha deciso di interpretare personaggi “sfigati” – un’epopea iniziata proprio con il “Ranocchio” della fiction Rai – puntando sulle corde che più sa suonare.

Entrambi non hanno mai assunto un atteggiamento snob verso il canale di destinazione. Leo ha cercato di realizzare questa versatilità dando sfogo anche alla sua vena creativa in qualità di sceneggiatore e regista (punto nodale il suo esordio dietro la macchina da presa con “Diciotto anni dopo”). Dal canto suo, Roja è riuscito a non farsi schiacciare dal ruolo del Dandi calibrando quasi a tavolino quali vesti indossare tra teatro (recentemente in scena con “Misterman”, pièce sulla violenza sulle donne), cinema e TV (assolutamente in parte, anche fisicamente, nei panni del calciatore Gigi Meroni). Due attori onnivori che ci insegnano a valicare i confini tra i mezzi espressivi ricordandoci che sarebbe anormale il contrario.

 

11.04.2014