Livia Grossi, il reportage si fa a teatro

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Da Pushka, la Vergine Giurata albanese, fino ad Elena Conti, Capitano dell’Esercito Italiano, e altre.

di Marta Calcagno Baldini

È nato un nuovo genere di spettacolo. Si chiama “reportage teatrale” ed è il risultato di anni di lavoro e di analisi del Mondo da parte di Livia Grossi, giornalista free-lance che da oltre 15 anni collabora con il Corriere della Sera soprattutto per le pagine di spettacolo e cultura, e con la passione per il viaggio: “Nel tempo sono arrivata con naturalezza a sentire l’esigenza di comunicare dal vivo le storie che scopro”. Livia unisce le esperienze udite e vissute nei suoi pellegrinaggi al suo lavoro di giornalista: viaggi in Sud America, Albania, Africa (parecchie volte), e gli spettacoli teatrali a cui assiste a Milano e non solo. “Al centro del mio lavoro c’è la riflessione per un Occidente alla deriva, la necessità di una nuova ridefinizione delle parole ‘ricchezza’ e ‘povertà’, ma anche l’urgenza di ritrovare un senso all’incontro spettatore-attore, la stessa urgenza che sento tra giornalista/lettore”, spiega la reporter.

Livia si fa portavoce di “un giornalismo ‘nuovo’, che pesca a piene mani dall’agorà da cui è nato e ne ricava conversazioni, aperture”: in tutti i suoi giri per il Mondo ha incontrato persone, e dietro ciascuna persona c’è la sua storia. “Devo parlare di ciò che vedo”, continua Livia, “E non per elaborare teorie o formulare giudizi, ma per sollevare opinioni, aprire confronti, sondare certe realtà”. Il viaggio fine a se stesso, per la Grossi, non è sufficiente. Sente la necessità di sviluppare i contenuti che riceve ogni volta che incontra nuovi luoghi e nuove persone. Dopo più di dieci anni di esplorazioni in vari Paesi del Mondo, la Grossi avrebbe potuto scrivere un libro, girare un documentario. Invece organizza serate in teatri, e svela dal vivo, direttamente, mondi ed esistenze straordinarie.

L’8 marzo al “baretto” del Leoncavallo, ore 23, accompagnata dalla chitarra elettrica di Andrea Labanca), la Grossi ha parlato di una donna sudamericana (che vuole restare anonima), che viveva nella Casa delle Rifugiate Politiche di Milano: era stata arrestata con l’accusa di terrorismo, liberata in seguito alla sua riconosciuta innocenza dopo 8 anni di carcere e dopo che le avevano tolto anche il bimbo ancora in fasce mentre lo allattava per portarla in prigione. Si parlerà poi di Marietu ‘Ndaye, senegalese, 46 anni, che ha visto le sue due bambine morire per infibulazione (menomazione sessuale imposta alle bambine di 6-7 anni in numerosi paesi africani). Con l’aiuto di una O.n.G, Marietu è riuscita a coinvolgere le donne di oltre trecento villaggi senegalesi e in 10 anni, con un lavoro quotidiano di capanna in capanna, ha organizzato un movimento che è arrivato fino al Parlamento di Dakar. Il Senegal oggi punisce il reato di mutilazione genitale con il carcere da cinque anni all’ergastolo. Quest’ultima storia sarà raccontata il 19 marzo allo Spazio Oberdan, sempre a Milano, nell’ambito di “Sguardi Altrove”, il Festival di Cinema al femminile.

Livia ha riunito ad oggi decine di storie vere, e ogni serata è rivolta ad una o più di queste: da Pushka, la Vergine Giurata albanese, fino ad Elena Conti, Capitano dell’Esercito Italiano, e altre. “Mi interessa prendere vite da lontano, e portale qui davanti ad altre persone, per confrontarmi direttamente con loro, condividere un momento insieme” continua la Grossi “voglio stabilire uno scambio d’idee con un pubblico misto”. Esattamente ciò che avviene con un quotidiano o un magazine, ma in questo caso il giornalista è lì presente, quasi un oratore. “E dopo lo spettacolo mi fermo, in molti vengono a parlarmi, pongono domande e iniziamo una conversazione diretta”.

10.03.2014