Federica Gabrielli senza scuole né maestri

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L’artista autodidatta disegna la perfezione della donna.

di Paolo Fontanesi

Federica Gabrielli, umbra, classe 1981, ha alle spalle una formazione scolastica prettamente scientifica: si laurea in agraria nel 2008. Ma la sua passione è da sempre la pittura. Pur non frequentando mai nessuna scuola o corso di disegno, ha dentro di sé una qualità artistica che la obbliga a mettersi in gioco. A confrontarsi con il mondo dell’arte. Attualmente disoccupata-così specifica l’artista- decide di utilizzare questo periodo di vacanza per dedicarsi alla sua più grande passione: il disegno, sfogo delle sue emozioni e dei suoi più profondi sentimenti. Ama spaziare dal paesaggio al ritratto, ma dedica buona parte del suoi lavori alla raffigurazione della donna, che per lei rappresenta il simbolo della bellezza, della sensualità.

La Gabrielli evidenzia da subito un’ottima “mano”, sia nella cura dei dettagli che nella stesura delle campiture di luci e ombre, di colori e bianco e nero. Lo si intuisce dai ricami e degli ornamenti delle “sue” donne, protagoniste a tutto campo della tela, quasi a rendere viva quella figura che talvolta sembra uscire dal quadro e cadere in braccio all’osservatore. Colori e pennelli rappresentano una sorta di bacchetta magica con la quale l’artista riesce a far nascere, da una semplice superficie bianca, un mondo di perfezione, di bellezza assoluta, di sentimenti nascosti. La Gabrielli dimostra una straordinaria abilità nel disegno, suo principale strumento d’esplorazione, vissuto nel solco della tradizione rinascimentale, ma, al tempo stesso, aperto e sensibile alle dinamiche delle più avanzate indagini artistiche contemporanee.

I suoi ritratti esprimono con acutezza la sottile grazia della fisionomia, e la bellezza stereotipata cede il passo ad una bellezza che non è più il risultato di una semplice perfezione di lineamenti, ma il riflesso di più profonde e intime emozioni. Il volto diventa la chiave dei sentimenti e delle incertezze, del desiderio di essere e delle ricerche interiori, che testimoniano la misura di quello spirito che ha segnato i giorni chiari della storia e il buio di tanti smarrimenti. Le figure appaiono eroine ora salvatrici, ora tentatrici, in un’alternante ambivalenza, in un processo del divenire che implica mutazione, cambiamento, passaggio da uno stato all’altro, dall’essere al non essere. Attraverso l’utilizzo della matita e del pastello, a cui va aggiunta l’acqua che da leggerezza e trasparenza, l’artista fa lievitare i ritratti-autoritratti con il colore, imprescindibile aspetto di una esistenza reale.

Energia, istintività, ma anche riflessione, analisi, ricerca, radici di un linguaggio come risvolto dell’essere quotidiano. Certo è che l’artista agisce per istinto interiore, eludendo tutto cioè che può essere considerato il rapporto con la tradizione e con la storia dell’arte. Quella è materia dei critici d’arte, che spesso incanalano ogni artista in una corrente o in una scuola. Invece la Gabrielli non ha avuto maestri, eppure le sue figure appaiono eleganti nel segno e corrette nella forma. L’artista ha partecipato a varie esposizioni in gallerie e rassegne d’arte, fra cui la Biennale della città di Lecce e la Biennale di Palermo, del 2012