Il MUSEC celebra Sangregorio nel centenario della nascita

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©2025 Fondazione culture e musei, Lugano

In occasione del centenario della nascita di Giancarlo Sangregorio il MUSEC – Museo delle Culture di Lugano diretto da Paolo Campione ha allestito una mostra (Giancarlo Sangregorio. Una passione primitivista, dal 16 aprile 2025 al 15 giugno 2025 – Villa Malpensata, Spazio Tesoro. La mostra è visitabile gratuitamente) per celebrarne la duplice identità di scultore di grande sensibilità materica e raffinato collezionista.

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Negli spazi espositivi del MUSEC una tela dell’artista è accostata a due maschere della Nuova Guinea, acquisite dal Maestro durante i suoi numerosi viaggi. L’interesse di Sangregorio per l’arte etnica ha giocato un ruolo fondamentale nel suo dialogo profondo con la materia e le sue energie, un confronto che si riflette direttamente nella sua opera. Nora Segreto, storica dell’arte, ricercatrice e curatrice d’arte al MUSEC Museo delle Culture Lugano, ha accettato di parlarne con OFF.

Qual è stata l’ispirazione principale per la selezione delle opere esposte e come queste rappresentano la duplice identità di Sangregorio come scultore e collezionista?

L’ispirazione principale è nata dal desiderio di mettere in luce la relazione profonda e vitale che legava Giancarlo Sangregorio all’arte etnica, non solo in quanto collezionista appassionato, ma anche come artista che ha saputo trarne un nutrimento concettuale. La selezione delle opere – due maschere cerimoniali kavat della Nuova Britannia raffiguranti lo «spirito della biforcazione degli alberi» e una tavola intitolata Figure-archetipi – intende restituire visivamente questo doppio sguardo: da un lato l’oggetto raccolto, custodito e contemplato; dall’altro l’opera creata, sintesi di riflessione e trasformazione. È un’esposizione di piccole dimensioni, ma pensata con precisione, e sorprendente. Come una lente, focalizza su un singolo elemento rivelandone le specificità e mette a fuoco il modo unico in cui Sangregorio ha interiorizzato lo «spirito» delle culture tradizionali, senza mai ridurle a una semplice citazione formale.

Le due maschere kavat dei Baining sono esemplari rari e preziosi. Qual è stato il criterio curatoriale nell’affiancarle a una tela di Sangregorio? Che tipo di dialogo visivo o simbolico si è voluto creare?

Il criterio curatoriale è stato quello della risonanza, più che della somiglianza. Le maschere kavat erano oggetti rituali, destinati a prendere vita nel fuoco, nella notte e nella danza. La tela di Sangregorio, Figure-archetipi, invece, è una meditazione sulla forma originaria, sull’energia dell’immagine che affiora da una memoria profonda. Apparentemente distanti, questi oggetti condividono una tensione comune verso l’archetipo, verso ciò che sta prima della forma definitiva. L’accostamento vuole generare un dialogo simbolico: da una parte, la dimensione rituale dell’arte etnica; dall’altra, l’interiorizzazione di quello stesso impulso in un linguaggio contemporaneo.

Quali sono le principali sfide che ha affrontato nella curatela di questa mostra, in particolare considerando il centenario della nascita di Sangregorio, e quali sono gli aspetti più importanti che spera i visitatori porteranno con sé dopo aver visitato la mostra?

Una delle sfide principali è stata lavorare su un nodo specifico e profondo della poetica di Sangregorio: il suo rapporto con l’arte etnica. Non è stato semplice trovare un equilibrio tra l’aspetto documentario e quello evocativo, ma crediamo che questa esposizione, proprio perché mirata, possa offrire uno sguardo inedito e stimolante.
Spero che i visitatori escano dalla sala espositiva con la sensazione che l’arte, anche la più moderna, nasce spesso da un ascolto: dell’altro, della materia, della storia. Sangregorio è un artista che insegna a guardare con rispetto e profondità, e credo che questo sia il lascito più prezioso che la mostra può offrire.

Per chi entra al MUSEC senza conoscere l’opera di Giancarlo Sangregorio, qual è il momento “topico” che Lei spera di suscitare durante la visita? Cosa non deve assolutamente perdersi il pubblico, soprattutto i più giovani o chi non è un esperto d’arte, per “innamorarsi” di Sangregorio in 60 minuti di visita?

Il momento “topico” all’interno della visita di un’esposizione è quello in cui ci si accorge che una forma parla. Quando un visitatore, magari davanti alla tela Figure-archetipi, percepisce che quelle sagome stilizzate non sono solo segni, ma presenze, e che la loro forza arriva da lontano – nello spazio e nel tempo – e da qualcosa che ci appartiene tutti, è lì che si può accendere una scintilla. Per quanto riguarda le maschere kavat, anche senza conoscere la loro storia o il loro significato specifico, chiunque può percepire in esse una sorta di mistero e di potenza che stimola l’immaginazione. È impossibile non farsi travolgere dalla loro forza evocativa.
Ai giovani e a chi non ha familiarità con l’arte, consiglio di lasciarsi semplicemente colpire da ciò che vedono. Sangregorio non ha mai cercato di essere «facile», ma ha sempre aspirato all’essenziale. E questo, quando arriva, è diretto, viscerale e potente.

Giancarlo Sangregorio. Una passione primitivista
Fondazione culture e musei
Museo delle Culture
Villa Malpensata
via Giuseppe Mazzini 5
6900 Lugano, Svizzera
Tel. +41 58 866 6955
musec.ch

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