Pino Insegno:”Torno in tv con una nuova sfida. Ho ancora voglia di stupirmi e di stupire”

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Ufficio Stampa Rai - foto Federico Guberti

Ha vissuto mille vite “prestando” la voce a decine di attori (anzi, dice, “sono loro che prestano il corpo a me”) ma le sue radici sono ben salde a Roma, nel quartiere Monteverde dove è nato, ha dato il primo bacio, ha tirato i primi calci al pallone e ha mosso i primi passi sul palcoscenico. E ora Pino Insegno è pronto a tornare in tv alla guida de “Il mercante in fiera” su Raidue.

Partiamo dalla tua città identitaria: qual è il tuo rapporto con Roma?

Amo profondamente Roma: è divisa in piccoli paesi, ognuno è ‘testimonial’ del suo quartiere. Io sono di Monteverde, qui sono nato, ho vissuto con i miei, qui vivo e vorrei morire, sotto al 75 in via Poerio. Eravamo tre famiglie dentro un appartamento in via Felice Cavallotti: una casa piccola, ma è stato un periodo molto felice della mia vita. Il sogno di mamma era quello di avere una villetta a Monteverde e di avere un nipote, ma purtroppo ha pensato di andarsene il giorno prima che nascesse mio figlio e una settimana prima di vedere quella casetta che sognava.

Mi racconti un luogo o un aneddoto legato al tuo quartiere?

Nel mio quartiere ho vissuto mille aneddoti e ho ricordi bellissimi, come il primo bacio a Villa Sciarra. Tutti sapevano che mi piaceva questa ragazza che si chiamava Paola, io piacevo a lei ma non avevamo il coraggio. Quindi abbiamo giocato con una palla: a chi cadeva, le avrebbe dato un bacio… gli amici mi hanno tirato delle pallonate, mi sono quasi scoperto portiere professionista, poi la palla è caduta e ho dato il mio primo bacio. A Monteverde c’è tutta la mia vita, gli amici veri stanno lì.

Sui banchi di scuola hai conosciuto Roberto Ciufoli che, oltre ad essere un amico, è stato anche un quarto della Premiata Ditta, insieme a te, Tiziana Foschi e Francesca Draghetti. È tempo di reunion anche per voi?

No, non credo. Abbiamo fatto 28 anni insieme, non ci siamo lasciati perchè abbiamo litigato ma perché abbiamo deciso di intraprendere le nostre strade. Abbiamo lasciato un ricordo meraviglioso… Una serata sarebbe carino farla e non è detto che non la faremo: ne parliamo, stiamo valutando… ma tornare insieme per una tournée no, non credo.

Nascere a Roma vuol dire schierarsi fin dalla nascita e sappiamo che sei lazialissimo. Cosa vuol dire l’appartenenza e la fede per una squadra?

L’appartenenza e la fede sono sempre in ognuno di noi e nelle proprie scelte, anche affettive. Ero piccolo, un giorno litigarono un laziale e un romanista, che diede ragione al laziale: io scelsi di essere laziale. A quel punto non si tradisce, si dice sempre ‘cambi tutto, ma la squadra del cuore no’.

Da ragazzo giocavi a calcio… quando sei stato “folgorato” dal palcoscenico e hai capito che poteva essere la tua strada?

Ho giocato fino in Serie C, fino ai 17 anni. Appena finita quell’avventura – non per scelta tecnica – con Roberto, Francesca, Massimo Popolizio e un gruppo di amici a cui piaceva il teatro fondammo l’Allegra Brigata, poi un regista professionista, Massimo Cinque, ci ‘inquadrò’. Tata Giacobetti del Quartetto Cetra venne a vedere un nostro spettacolo e chiamò Garinei e Bramieri, che poi ci vollero dall’83 all’85 ospiti fissi al Gino Bramieri Show, sabato sera su Raiuno. Da lì è cominciato tutto.

Hai “prestato” la voce a decine di attori in centinaia di film: qual è il tuo preferito, quello a cui sei più affezionato?

Tutti, indistintamente. Ogni film mi ha permesso di essere qualcos’altro, di sognare attraverso un altro corpo. Il Viggo Mortensen de ‘Il Signore degli anelli’ è sicuramente il film epocale, ma quello di “Green book” mi ha fatto sentire orgoglioso di essere italiano. Jamie Foxx con “Django Unchained” mi ha permesso di essere un eroe del mondo western, ma mi ha anche fatto diventare Ray Charles (nel biopic “Ray”, ndr). Sacha Baron Cohen mi ha permesso di diventare un pazzo come pochi, Will Ferrell è come se fosse un fratello maggiore. Ho vissuto mille vite: non sono io che presto la voce a loro, sono loro che prestano il corpo a me.

Oggi tornerai con “Il mercante in fiera” su Raidue e a gennaio con “L’eredità” su Raiuno. Cosa significa per te tornare con questi programmi?

In Rai ci sono persone che mi hanno sempre stimato e mi hanno chiesto cosa mi sarebbe piaciuto fare. Ho detto che secondo me su Raidue sarebbe stato bello avventurarsi in quell’access prima del tg che è un punto nevralgico: un game che è già famoso e ha avuto già successo può arricchire una rete che sta crescendo. Mi hanno detto che sarebbe stata una buona idea, quindi mi sono infilato in questa avventura molto difficile… ma le cose facili non ci piacciono.

Doppiatore, attore, conduttore… quale altro sogno nel cassetto vuoi realizzare?

Il mio cassetto è vuoto perchè le cose le tiro sempre fuori. Il mio sogno nel cassetto è continuare a fare questo mestiere con amore, gioia, semplicità, con la voglia di stupirmi e di stupire, è continuare questo percorso finché posso.