The Net – Gioco di Squadra, in onda su Rai 2, non è solamente una serie, ma uno dei capitoli di un progetto molto più ampio e di carattere internazionale. Italia, Austria e Germania hanno collaborato alla lavorazione di una collana di serie televisive chiamata “The Net”. Ogni capitolo racconta una storia diversa ed è fruibile in maniera indipendente rispetto agli altri, ma tutti sono accomunati dallo stesso tema, il calcio e dalla volontà di raccontarlo in maniera originale ed esclusiva. Noi di Giornale Off abbiamo intervistato uno dei protagonisti della serie: Alberto Paradossi.
In cosa somigli al personaggio che interpreti nella serie?
Ti dico subito che non ho una Ferrari e mio padre mal sopporta il calcio. Scherzi a parte non saprei, finirei per dire che somiglio a Vincenzo nei pregi e che me ne distacco per i difetti. Penso che alla fine per quanto riguarda le affinità comportamentali con il personaggio, un attore le plasmi su sé stesso, mantenendo ovviamente le linee guida iniziali. Può cambiare d’intensità a seconda di ciò che il singolo interprete decide di condividere durante il lavoro. Vincenzo Tessari è un personaggio molto terreno, umano e fragile, caratteristiche che ognuno di noi porta dentro.
Cosa vuol dire per la serialità italiana fare “gioco di squadra” con altri Paesi ?
Potrebbe essere un buon termine di paragone per tutta l’industria italiana: scambio e confronto sono sempre sinonimo di arricchimento. Non ho avuto la fortuna che ha avuto Gaetano Bruno di poter partecipare anche alla serie tedesca, tuttavia spero che possano esserci altre opportunità di internazionalizzare una serie. Sarebbe una buona occasione di rinnovamento per tutto il movimento cinematografico e seriale italiano, bisogna solo volerlo.
Gli episodi della serie hanno in comune il tema del calcio. Tu che rapporto hai con questo sport?
Il calcio è il primo sport che ho iniziato a seguire, come accade quasi sempre ad ogni bambino, preferisco quando lo sport è narrazione e da qualche anno non lo è più. Purtroppo questo aspetto mi sta facendo piano piano disinnamorare di questo sport, ammazza i sogni del tifoso e la libertà di tifo. Nella serie emerge la parte oscura e malata del mondo del pallone, non solo il cosiddetto “calcio combine” scandalo che ha investito il calcio italiano ad inizio anni 80” ma anche la speculazione che i grandi investitori esteri stanno facendo sul calcio europeo. E allo stesso tempo traspare la forza catalizzante che ha lo sport, soprattutto il calcio, che è capace di unire e dividere con una facilità ed un’immediatezza senza pari. Mi ha sempre colpito una frase di Eduardo Galeano nel libro “Splendore e miserie del gioco del calcio “: “Il Calcio è l’unica religione che non ha atei”.
Sei salito alla notorietà con la tua interpretazione straordinaria di Federico Fellini nel film televisivo di Rai Uno dedicato ad Alberto Sordi. Che ricordo hai di quella esperienza e cosa pensi del cinema italiano?
È un ricordo dal dolce sapore. È stato il mio primo ruolo importante e interpretare un personaggio iconico come Federico Fellini è stato un onore ma anche un onere. Davanti a ma avevo un grande attore dal grande talento come Edoardo Pesce che si è dimostrato molto collaborativo e comprensivo con me. Gli sarò per sempre grato. Credo che con il cinema di quegli anni non si possano fare assolutamente paragoni. Era una società diversa, che aveva interesse ad investire e che si assumeva il cosiddetto rischio di impresa, possiamo parafrasare il tutto con un semplice “c’erano più soldi, ma anche più buffi”. Basta parlare oggi, con qualsiasi persona che abbia vissuto quelle produzioni per capirne la portata non solo economica ma anche di valore umano impiegata sul set. Purtroppo il tempo ha un suo costo, non te lo inventi, e qualsiasi tipo di processo che ha come fine ultimo una creazione, in ogni ambito lavorativo, ha bisogno del suo giusto tempo, accelerarlo rischia di snaturare tutto.
Alberto, ci racconti un aneddoto da raccontare sulle riprese di “The Net- Gioco di Squadra”?
In un’avventura di tre mesi può succederti qualsiasi cosa. Sono passato dal guidare una Ferrari a 200 all’ora, io che a malapena guido una Punto, a fare il reportage di una narcolettica Beatrice Arnera che si appisolava negli anfratti più improbabili. A sua discolpa devo dire che in quel periodo girava di giorno su un altro set e le notturne con noi, passando poi per l’intossicazione alimentare in Kenya. Una vita al massimo!
Quali sono tuoi prossimi progetti?
Ho appena terminato le riprese del film “Zamòra” opera prima di Neri Marcorè, in cui interpreto il ruolo di Walter Vismara protagonista di una commedia agrodolce ambientata nella Milano del boom economico. A marzo, riprenderò la seconda stagione di “Studio Battaglia” (regia Simone Spada) nei panni dell’istrionico stand up comedian Leo Messina, compagna dell’avvocatessa Nina Battaglia (Miriam Dalmazio).