Un’eterna ghirlanda brillante. Dopo aver visto la mostra di Elisa Cella e letto il testo di Luca Panaro che l’accompagna, i nostri automatismi psichici non possono fare a meno di riandare al titolo di quel saggio di Douglas R. Hofstadter (Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante, appunto) per “sentire” MICROBIOTA. UN AMPLIAMENTO DELL’ESPERIENZA SENSORIALE, la seconda personale della Cella, artista di formazione matematica, da sempre affascinata dalla scienza e dalla biologia cellulare, negli spazi espositivi di Villa Contemporanea a Monza. Spazi che sono essi stessi un ambiente colonizzato da elementi biologici – batteri, protozoi, virus e altri microorganismi – non direttamente visibili all’occhio umano e caratterizzati da un’esuberante bellezza, che l’artista milanese ci restituisce alla luce della sua personale interpretazione artistica.
Come leggiamo nel testo di Luca Panaro che accompagna la mostra, Elisa Cella riproduce questi elementi biologici estetizzandoli e conferendo ad essi un valore idealmente processuale, dando la suggestione di una riproducibilità ad libitum di queste forme allo stesso modo in cui ciò accade nella realtà che ahinoi in questi ultimi 3 anni abbiamo imparato a conoscere con le famose varianti e sotto varianti del virus epocale.
Forme biologiche portatrici di malattie, a volte terribili e pure caratterizzate da un indiscutibile fascino – formale, appunto. Nello specifico, la mostra MICROBIOTA consta di sculture in ferro tagliato al laser dai colori differenti che riproducono gli organismi biologici e il loro eterno rigenerarsi, come se colonizzassero gli spazi espositivi.
Scomodando l’estetica letteraria dell’800, pensiamo a una certa fascinazione del male e del pericolo: le sculture di Elisa Cella sono affascinanti e misteriose, come affascinanti e misteriose sono quelle forme biologiche di batteri, protozoi e virus portatori di malattie terribili, che visti al microscopio sono spesso dotati di una straordinaria bellezza.
