Elisabetta Aldrovandi: “Il mio romanzo al femminile, nel quale anche gli uomini possono identificarsi”

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Noi donne siamo costantemente sfidate a essere come e più degli uomini. Questo è, secondo me, il grande inganno in cui è caduto il femminismo “classico”. Ossia, spingere le donne a essere come gli uomini, a comportarsi in modo identico a loro, dimenticando che sono proprio le nostre caratteristiche, così uniche e irripetibili, a renderci diverse e per questo meritevoli delle stesse opportunità“. Elisabetta Aldrovandi, avvocato e Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, le donne le conosce bene. Quelle che aiuta attraverso l’attività della sua associazione, quelle che racconta in Tv dove è chiamata spesso a commentare fatti di cronaca, il più delle volte nera. Ma anche quelle “normali”, che in fondo sono tutte speciali nella propria normalità. Per questo ha scritto un romanzo al femminile, in vendita su Amazon, dove è proprio una donna la protagonista. Una donna come tante, imperfetta e a volte insicura, ma mai banale. Una donna nella quale si possono riconoscere in tante. Ma anche in tanti. Perché “Castigata”, questo il titolo del libro, è un racconto di vita e soprattutto di stati d’animo. “E le vicende raccontate possano essere vissute da tutti, al di là dell’appartenenza di genere” sostiene l’autrice.

La “sua” Ludovica viene tradita. Ma, a dispetto di quanto si possa pensare, non da un fidanzato o marito. Subisce il peggiore dei tradimenti, quello da parte di un’amica. O finta tale.

Anch’io subito il tradimento da parte di donne di cui mi fidavo. In alcune occasioni si è trattato di comportamenti dettati da superficialità ed egoismo, in altri casi in veri e propri piani architettati per cercare di danneggiarmi. È accaduto soprattutto in ambito professionale. Nella vita privata mantengo le amicizie di quando ero ragazzina, e quelle che ho intrapreso successivamente e che considero tali sono davvero poche. Sono molto selettiva quando si tratta di condividere la mia vita privata.

Dunque come ha reagito?

Mi sono arrabbiata, soprattutto con me stessa, per avere peccato di ingenuità e aver dato fiducia a persone che si sono approfittate della mia disponibilità. Successivamente, da inguaribile ottimista, sono giunta alla conclusione che a sbagliare non è mai chi si comporta in buona fede, ma chi di quella buona fede abusa.

La protagonista riesce a perdonare uno sgarro compiuto intenzionalmente: lei perdona o dimentica? O si vendica?

Tendo a dimenticare. A perdonare non lo so, in realtà. In ogni caso, proprio perché penso che gli altri si comportano con me come io faccio con il prossimo, le cattiverie e i tradimenti sono difficili da digerire, ma l’importante è lasciare la meschinità macerare in animi aridi ed egoisti e non lasciarsene influenzare. Continuo ad avere fiducia nel prossimo, non sono certo alcuni incidenti di percorso che possono farmi desistere dal convincimento che l’animo umano è capace di grandi slanci positivi.

Per quali aspetti si sente simile a Ludovica?

Ludovica è un personaggio di fantasia: il mio non è un romanzo autobiografico. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti di lei che mi rappresentano, come il suo amore per il buon cibo e per gli animali e l’esuberanza del suo carattere, mentre non è così per la sua impulsività, che spesso la porta a conclusioni affrettate e deduzioni sbagliate. Di lei apprezzo la sua capacità di mettersi in gioco. Soprattutto, mi piace che sappia affrontare con ironia e sano spirito di autoconservazione prove molto difficili, in parte capitate per caso, in parte da lei favorite.

Perché un avvocato di successo e con molteplici impegni, istituzionali oltre che sociali, ha deciso di scrivere un libro?

Ho sempre amato scrivere, fin da bambina. È stato mio nonno a insegnarmi a leggere con l’ausilio del quotidiano che comprava tutte le mattine, così, per gioco. Ma io ho imparato sul serio, e assieme alla lettura mi sono appassionata fin da subito alla scrittura. Ricordo che ho iniziato a scrivere le prime storielle inventate in sala da pranzo, ancora prima di cominciare le scuole elementari. Crescendo, però, ho abbandonato quella passione, sfruttandola solo per i temi a scuola e per la professione di avvocato. Un paio d’anni fa, complice il periodo pandemico che ci ha costretti in casa, ho avuto il tempo e la spinta per riaprire il cassetto in cui giaceva quel sogno, in attesa di essere risvegliato e realizzato.

Cosa l’ha spinta ad intitolare il suo romanzo “Castigata”?

In realtà ho deciso il titolo ancora prima di scrivere il romanzo. Avevo in mente di scrivere la storia di una donna adulta inizialmente irrisolta che intraprendeva un percorso di auto consapevolezza, ma non sapevo come avrei sviluppato la trama. La parola “castigata” mi è piaciuta perché ha un duplice significato, di “pudica” e “punita”. Come tanti aspetti e vicissitudini della vita, che spesso assumono un senso diverso, a seconda dell’angolazione da cui li si guarda.