Camillo Langone: “Sono cattolico come Michelangelo e Baudelaire…”

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Camillo Langone, penna dissidente del giornalismo nostrano è un esteta, un grande ammiratore e produttore di arte e bellezza, ma soprattutto un cattolico conservatore le cui radici sono profondamente legate e a quella cultura. Secondo Langone oggi, per essere indisciplinati, scorretti, non basta molto e allora, vediamo insieme cosa vuol dire essere in controtendenza.   

Sei una delle firme più controcorrenti del giornalismo italiano, spesso attaccato dall’egemonia progressista che rifiuta il sapore antico delle radici italiche. Come si diventa un “imperdonabile”?

Oggi basta pochissimo, non ci vuole grande applicazione. Ho appena comprato una nuova Bibbia, è la traduzione CEI 2008 in un’edizione San Paolo e dunque qualcosa di super ufficiale. Tanto per cominciare, abbastanza ovviamente, mi sono messo a rileggere il Genesi. L’avrò letto cento volte ma in questa traduzione mai e, quello che più conta, mai in questo contesto culturale (l’ultima lettura completa poteva risalire a dieci o vent’anni fa, dunque a un’altra epoca). Ho immediatamente provato la vertigine di avere in mano un libro fuorilegge. In senso abbastanza stretto: è un libro che istiga a commettere reati. Ecco, si diventa imperdonabili leggendo la Bibbia e credendo che la Bibbia sia la parola di Dio.

Oggi più che mai stiamo assistendo al declino culturale di questa nazione, tra il rifiuto dello spirito e la distorsione del buon gusto. L’Italia, secondo Camillo Langone, può restare in piedi tra le rovine?

Per rispondere alla tua domanda prima bisognerebbe mettersi d’accordo sulla definizione di Italia. In quanto scrittore e lettore per me l’Italia è innanzitutto la lingua italiana. Rimarrà in piedi? Non so, ho qualche dubbio. Un declino culturale molto lungo e molto accentuato, siamo a buon punto, non può che degradare la lingua a dialetto. E che melanconia i dialetti.

Il tuo amore per l’arte ti ha portato a grandi traguardi, uno degli ultimi è la mostra “Veneto Felice”. Però non vorrei parlare di pittura, ma piuttosto del tuo approccio alla vita come opera d’arte.

Ammiro D’Annunzio e Oscar Wilde ma non mi ispiro a loro. Al di là di qualche atteggiamento eccentrico, che mi serve come ora d’aria in questo mondo ridotto a carcere, intimamente sono pascaliano e so che l’Io è odioso. Vado oltre: è noioso. Il problema è che oggi basta mettersi una cravatta per rischiare di fare la figura del dandy: ma non sono io l’elegantone, sono loro i buzzurri.

Oskar Kokoschka diceva di essere interessato ad eros e thanatos, amore e morte. Da integerrimo cattolico, come vivi questi due temi?

Francesco, io non sono integerrimo proprio per nulla, chissà come ti è venuta quest’idea. Anche perché non soltanto non lo sono ma non mi sono mai nemmeno dichiarato tale. Non me lo sono nemmeno mai posto come obiettivo. Gesù dice “Nessuno è buono” e io mi permetto di pensare di poter essere integerrimo? Sono cattolico come lo erano Michelangelo e Baudelaire, come lo era CL che in origine non aveva un grammo di moralismo… Come sai sono forte sui pittori italiani viventi e Kokoschka non è italiano né vivente, non lo conosco bene ma lo capisco benissimo, amore e morte sono state le ossessioni di innumerevoli artisti. Io però cerco di essere atarassico.