“Come dar voce all’identità italiana”, intervista a Mario Esposito

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Mario Esposito è un giornalista ed operatore culturale. Si è occupato di comunicazione e organizzazione generale nell’ambito di progetti collegati a Grandi Eventi internazionali come Genova 2004 Capitale Europea della Cultura e l’ EXPO 2015.  È legale rappresentante dell’Associazione culturale e di promozione sociale Il Simposio delle Muse che si occupa di cultura, internazionalizzazione, turismo sociale ed è iscritta al ROC come soggetto produttore radiotelevisivo. Il Premio Penisola Sorrentina, di cui è il presidente e direttore artistico, è ormai pronto ad aprire le sue porte per la 26° edizione.

Il premio Penisola Sorrentina è giunto alla sua 26° edizione. Cosa vuol dire per lei essere riuscito a creare un evento di grande importanza ?

Innanzitutto è una sfida, una testimonianza di una storia culturale che affonda le sue radici in una terra bellissima, la Penisola Sorrentina, che vanta una tradizione di accoglienza, una storia culturale, un patrimonio paesaggistico enorme e che fa dell’audiovisivo, che è il tema portante del premio, la traccia di un racconto dell’Italia e della bellezza.

L’incontro con la stampa per la chiusura della scorsa edizione e il lancio della nuova si è svolta al Teatro Eliseo, avendo come padrone di casa Luca Barbareschi e tra gli ospiti Nathalie Caldonazzo, Francesco Branchetti, Francesco Montanari

Potremmo definirla un’iniziativa ponte perché in qualche modo si è rivelata l’anello di congiunzione tra la chiusura della scorsa edizione e l’apertura a quella nuova che andrà in scena il prossimo 22 ottobre. Luca Barbareschi oltre ad essere uno splendido padrone di casa è stato anche presidente della giuria di questo premio per diversi anni, dal 2018 ne è al timone, ed egli dimostra una grande cultura ed una grande capacità di ascolto per quelle che sono le iniziative del terzo settore. Una giornata, quella svoltasi all’Eliseo, ricca di accenti perché si è parlato di cinema, di audiovisivo e dei premiati ma abbiamo rivolto un’antenna verso un tema molto sensibile, ovvero la sostenibilità.

Durante l’evento è stata consegnata la Carta di Sorrento al Ministero della Transizione Ecologica, ribadendo l’importanza dell’ambiente e della cultura sostenibile. Quali sono le prospettive per il futuro?

Noi lo scorso anno preparammo questo manifesto per lasciare la traccia di un passaggio di 25 anni, facendo in modo che il premio non divenisse soltanto una vetrina di attori, protagonisti del glamour e della televisione, ma che invece si radicasse sempre di più al territorio e che accendesse i riflettori sulla bellezza dell’Italia. La Carta di Sorrento parte dall’omonimo comune, ma parla all’Italia intera, dai piccoli paesi alle periferie, all’entroterra e in questo manifesto un luogo chiave è senza ombra di dubbio quello della cultura, del teatro per favorire i processi di formazione alla sostenibilità ma anche per mettere in pratica delle buone azioni nei meccanismi di rendicontazione di contributi pubblici dedicati al settore della cultura ma anche al settore turistico, come le tasse di soggiorno che sono quelle che poi alimentano i comuni turistici come Sorrento e le grandi città che si dimostrano luoghi di pellegrinaggio culturale. Adesso vogliamo che il manifesto non rimanga soltanto una visione utopica ma che possa invece concretizzarsi, quindi abbiamo avviato il dialogo con le istituzioni, con il Ministero, col comune di Sorrento verso cui voglio sottolineare il fatto che ha ospitato il G20 del commercio sostenibile. Adesso, il Premio Penisola Sorrentina è una delle tante iniziative di quell’arcipelago di eventi che senz’altro potrà essere funzionale per rendere il nostro territorio più bello, più accogliente e più smart.

Abbiamo citato i piccoli comuni identitari dell’Italia, quei borghi che resistono al tempo nonostante stiano divenendo sempre più dei luoghi fantasma. Attraverso il turismo applicato all’audiovisivo, penso anche al cine-turismo, è possibile ripopolare questi piccoli comuni, simboli dell’identità italiana?

Penso proprio di si, anche perché essi sono depositari di tradizioni straordinarie a volte sconosciute o non inserite nel circuito dei grandi eventi. Io ricordo sempre che: “La bellezza è il tesoro dell’economia”, questo lo ha scritto per noi Roberto Napoletano in una copertina d’autore che egli compose insieme all’artista sannita Giuseppe Leone che è l’autore del logo del nostro premio e proprio con loro stiamo avviando  una serie di azioni collaterali per promuovere i borghi della nostra Campania. Sono risorse nascoste che possono dare una nuova energia e che noi, uomini di mare, cerchiamo di cogliere in questa pianura, questo entroterra, le cui tradizioni sono secondo noi essenziali.

C’è speranza per l’arte in Italia?

Sicuramente non è facile, però posso dire che l’arte deve avere pazienza, è “l’Oro di Napoli”. In fondo l’attesa è il verbo amare all’infinito perché chi sa attendere ama profondamente e l’arte è prima di tutto amore verso l’altro e verso qualcosa che non ci basta, per cui possiamo dire che si, l’arte ha bisogno di speranza. “Adda passà a nuttata.”