Entrando nelle sale principali della Galleria Borghese si rimane ogni volta stupefatti dalla ricchezza e della potenza espressiva delle opere del Bernini e del Canova, di Caravaggio e Tiziano: con le opere contemporanee del geniale Hirst il mito dell’arte classica riesplode di rinnovato stupore.
Al primo sguardo i marmi, i bronzi, la malachite insieme all’uso di materiali tecnologici, si confondono con le decorazioni di un luogo unico, dove stucchi, mosaici e pietre policrome accolgono una collezione superba che spazia dalla statuaria classica alla pittura del Rinascimento, del ‘600 e ‘700.
80 sculture appartenute alla collezione “Treasures from the Wreck of the Unbelievable”, insieme a dei dipinti di Damien Hirst sono esposte fino al 7 Novembre, alla Galleria Borghese, in Archaelogy Now, mostra curata da Anna Coliva e Mario Codognato con il contributo di Prada.
Il confronto tra opere classiche e contemporanee è un rimando al mondo antico che rimbalza continuamente dal reale al suggestivo, dal misterioso all’ erotico: nel Minotauro, scultura in granito nero, il leggendario figlio di Pasifae, generato con un toro, non sta stuprando la donna, tutt’altro, egli la sta possedendo e tutto nella figura femminile ne rivela l’accondiscendenza e non possiamo fare a meno di ripensare all’iperrealistica coscia di carne viva di Proserpina.
La sensualità dell’ermafrodito dormiente è accentuata dalla morbida staticità degli ermafroditi di Hirst, così come la levigata bellezza di Paolina Borghese, eternata dal Canova, si riaccende di nuova linfa sotto lo sguardo senza volto delle “Grecian Nudes”, aggiungendo e non togliendo qualcosa ai capolavori dell’arte classica.
Nel maestoso salone d’ingresso, insieme ai busti dei dodici Cesari, svetta ‘La tuffatrice’, con i suoi quattro metri e oltre di altezza e le sue incrostazioni di conchiglie, spugne e coralli pervade di nuova aria i capolavori collezionati dal Cardinale Scipione Borghese.
Di forte impatto visivo, l’enorme installazione, ‘Hydra and Kali’, ospitata nello spazio esterno del Giardino Segreto dell’Uccelleria, racconta questa singolare alchimia tra storia e leggenda, epoche e culture, qui il mito è creato e le opere in mostra sembrano essere create appositamente per la Galleria. Damien Hirst è un artista estremo, che da sempre divide il pubblico, o lo si ama o lo si odia. Le sue mostre sono sempre provocatorie, alcune anche disgustose.
Dagli anni Novanta i suoi lavori si sono imposti all’attenzione del pubblico e dei collezionisti, non a caso è diventato l’artista vivente ‘più caro’ al mondo, dopo la vendita di ‘The physical impossibilty of
death in the mind of someone living’: uno squalo tigre di oltre quattro metri posto in formaldeide all’interno di una vetrina. Nel 2017, a Venezia, ancora una volta lascia tutti a bocca aperta con la sua colossale opera-collezione-fiction ‘Treasures from the Wreck of the Unbelievable’, un progetto complesso e ambizioso, tenuto segreto, al quale l’enfant terrible
aveva lavorato per oltre 10 anni e costato €65 milioni di dollari. Un fantomatico naufragio avvenuto nel I sec. D.C. con un prezioso carico riportato alla luce: l’imponente collezione appartenuta al liberto Cif Amotan II e destinata a un leggendario tempio dedicato al Dio Sole in
Oriente.