Da Renato Zero a Cocciante, chiude la Perdonanza celestiniana

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Ph Andrea Mancini

Si è conclusa con il grande evento corale L’Aquila ritorna: l’abbraccio alla musica e alla cultura” la 727ma edizione della Perdonanza Celestiniana, sigillata quest’anno da una media partnership prestigiosa: quella della Rai, con Rai Cultura e Rai Radio tutta italiana. La serata è stata ideata da Leonardo De Amicis, direttore artistico della manifestazione, che ha diretto, come nell’evento di apertura, l’orchestra del Conservatorio “Casella” dell’Aquila, le corali Schola Cantorum, Corale L’Aquila e coro del Conservatorio. Sul palco del Teatro del Perdono, allestito nel magico scenario della Basilica di Collemaggio sono saliti protagonisti del panorama musicale e teatrale di altissimo livello che hanno emozionato sotto le stelle il pubblico: Ermal Meta, Fabrizio Moro, Dulce Pontes, Riccardo Cocciante, I Neri per Caso, Monica Guerritore, Stefano FresiBianca Guaccero, Gianluca Ginoble del trio il Volo e la straordinaria partecipazione di Renato Zero.

Una staffetta di tre ore di spettacolo che hanno regalato al pubblico emozioni, momenti di profonda riflessione, e soprattutto la gioia di tornare ad essere spettatori di uno spettacolo dal vivo. L’Aquila, una città che è dovuta risorgere dalle macerie che ha lasciato il terremoto, proprio come il compartimento dello spettacolo che vuole oggi spiccare il volo, dopo l’emergenza sanitaria legata al covid. Un’empatia quasi magica quella che si è creata tra gli artisti che si sono esibiti sul palco ed il pubblico e a sigillo di questo legame speciale riportiamo di seguito la dichiarazione del cantante Ermal Meta: “Per me è una cosa meravigliosa, perché questa è una terra che ha delle cicatrici ma sono assolutamente coperte dalla forza delle persone. Sono contento di essere qui”.

La manifestazione ha visto in scena 200 orchestrali che si sono esibiti nei vari spettacoli; oltre 30 gli artisti che si sono alternati sui palcoscenici allestiti nelle piazze del Capoluogo abruzzese, tra cantanti, attori, danzatori e conduttori; oltre 1000 il personale tra tecnici, copisti, autori, produzione, maestranze che hanno lavorato alla Perdonanza e che hanno risentito dei gravi effetti economici dovuti alla pandemia. Ed è proprio agli operatori dello spettacolo che è stato dedicato l’evento, a cui è stato devoluto una parte del ricavato, una delle categorie più colpite dagli effetti devastanti della pandemia da covid-19. Tutti gli artisti con la loro arte hanno ricordato l’importanza di tutte le figure professionali coinvolte per mettere in scena uno spettacolo: dal fonico al truccatore, con la voglia di far ripartire la macchina dello spettacolo, che da sempre “nutre” la nostra anima.

Noi di Il giornale off abbiamo intervistato Rachele Stefanelli, una musicista di viola e violino, che insieme all’ orchestra del Conservatorio “Casella” dell’Aquila, ha accompagnato tutti gli artisti nell’esibizione dei loro brani durante tutte le serate della Perdonanza Celestiniana, e quindi rappresentante del compartimento dello spettacolo.

Rachele, quale è stata l’emozione più grande che hai vissuto durante i concerti dell’evento?

L’emozione più forte è stata quella di essere passata da spettatrice dei concerti dei grandi artisti che sono saliti sul palco dell’Aquila ad accompagnatrice in veste di musicista durante l’esibizione dei loro brani. Io ed il gruppo di orchestrali eravamo tutti molto giovani e nonostante questo ci siamo sentiti pienamente accolti e coinvolti da tutti i cantanti. Anche questo mi ha emozionato davvero molto.

Cosa rappresenta per te il tuo lavoro di musicista e suonare davanti al pubblico?

Io ho un bellissimo rapporto con la musica. Quando ero piccola ero una bambina molto timida ed introversa, ed avevo paura a relazionarmi con gli altri. Grazie alla musica sono riuscita ad esprimere le mie emozioni e tutto quello che non riuscivo a comunicare verbalmente. Credo quindi che questo sia un “potere” proprio della musica e di noi artisti musicisti. La forza della musica è quella di essere un linguaggio universale che arriva al cuore di tutti sotto forme di espressione diverse. La musica mi ha permesso sia di comunicare le mie emozioni e sia di esplorare nuovi mondi, conoscere ed instaurare dei bellissimi rapporti con tante persone a livello umano. A causa della pandemia del covid-19 veniamo da un anno e mezzo di fermo dello spettacolo dal vivo, dove ci era permesso di fare soltanto dei concerti in streaming, esperienza che per me è stata davvero negativa. Paradossalmente a me metteva molta più ansia suonare con la sala vuota dove non si poteva avere comunque il riscontro immediato del pubblico e, sentire il loro calore. Dopo il concerto tornavi a casa con dubbi sia perché non potevi condividere le emozioni con gli spettatori e sia perché non potevi capire se avevano apprezzato la tua perfomance. Tornare a suonare dal vivo all’Aquila davanti ad un pubblico così numeroso e accogliente è stato bellissimo e mi ha dato veramente una carica pazzesca per ripartire.

Rachele, ti sei sentita rappresentata sul palco dai messaggi lanciati dai vari artisti?

Assolutamente sì, concordo con tutto quello che hanno detto e, mi sono sentita rappresentata pienamente dagli artisti che sono saliti sul palco. Credo che siano pensieri comuni a tutta l’orchestra e a tutti i lavoratori del compartimento dello spettacolo che hanno lavorato alla realizzazione di questo evento. Poi credo che tutti gli artisti siano riusciti a dare voce a chi non ce l’ha ed essendo cantanti e attori di un certo calibro, con un grande riscontro e apprezzamento del pubblico, sono certa che questi messaggi avranno una certa risonanza. Mi auguro di cuore che veramente possa cambiare qualcosa, e lo spettacolo possa finalmente ripartire pienamente.

Se chiudi gli occhi, come immagini il futuro con la ripresa dello spettacolo dal vivo?

Spero che dopo questa pandemia si inizi finalmente a dare la giusta importanza all’arte e a tutto ciò che ruota intorno alla cultura, cosa che fino ad oggi non è stata mai fatta. Ad esempio ti parlo di un esempio che fa molto riflettere. Quando io o altri miei colleghi raccontiamo di svolgere la professione del musicista e di fare il conservatorio, spesso ci vengono poste le solite seguenti domande: “Ma fai solo questo? Non fai l’università?”. Mi auguro che il nostro lavoro non venga più considerato solo come un hobby, una passione, bensì che venga considerato a tutti gli effetti un lavoro, che merita dignità, attenzione e valore.