Bardone, la fotografia in bianco e nero realizzata a km0

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La metamorfosi dell’immagine, in un passaggio da figurazione mentale a traduzione fisica. Andare oltre il vero significato della fotografia. Essere parte di un dialogo dove si incontrano immagini e parole, una ricerca che ha come soggetto emozione e forma. Di natura fortemente poetica, la fotografia di Bardone è intuitiva e talvolta riesce ad allontanarsi dalla realtà per avvicinarsi a una dimensione più onirica. Nato a Milano, definisce le strade della sua città come habitat naturale, dove scrive in bianco e nero storie realizzate a km0.

Il mio è un viaggio di fantasia che prevede unicamente l’utilizzo di buone scarpe, di sensibilità, di tanta pazienza e non sapere con certezza cosa e chi incontrerò ogni giorno della mia vita, mi elettrizza e mi spinge ogni mattina a uscire e fotografare.”

Bardone ha realizzato diverse mostre con pubblicazioni su magazine italiani e internazionali. Si definisce un uomo semplice che ha affidato alla fotografia la sua personalità. I suoi lavori sono questo, un viaggio nella mente, nella sua cultura, tra sensazioni e altre vite. Dettagli fondamentali che trovano essenza nel gusto per le sfumature, per la poesia che c’è dietro ogni scatto. Ci guida a vivere nella fotografia, non c’è mai un percorso predeterminato “guardare” è sinonimo di “sentire”. Ed è un modo per dare il giusto valore al lato meno conosciuto delle cose. Street Life Milano ( Edizioni del Foglio Clandestino, alla seconda ristampa con la collaborazione della Casa Museo Spazio Tadini; Photomilano e Francesco Tadini. Fotoeditor Maurizio Garofalo) , è una sua pubblicazione, un volume in cui racconta una Milano diversa fatta di storie divertenti, appuntamenti mancati, occhi innamorati e sguardi persi senza fretta in un dinamismo originale e fuori dagli schemi.

“Un’onesta fotografia di strada che abbraccia tutto ciò che riguarda il vissuto quotidiano dell’essere umano in continua relazione con gli stimoli esterni. Il contesto cambia la mia reazione al click. Ogni fotografia ha una correlazione e un legame tra i segni che danno senso all’immagine finale.”

La via verso il significato non è dritta, è una via non tracciata, aperta ai lati dell’immaginazione e che necessita della voglia di avventurarsi e rischiare. Il significato della fotografia di Bardone non va cercata esclusivamente nei suoi elementi fisici, ma nelle potenzialità espressive della sua osservazione, che all’interno di una forma di vita, sta creando delle nuove dinamiche e grazie a queste riesce ad andare oltre il dato fisico, generando quello che potremmo definire il senso di profondità. “Sembra quasi che si accenda l’interruttore della vita psichica che racconta inconsciamente e trovo che anche in una sola fotografia si possa esprimere e comunicare molto.” Le sue fotografie sono strumenti per accedere a ciò che la realtà non mostra in modo palese. Indagano l’invisibile, mettendone in luce importanti testimonianze come nella sua ultima pubblicazione “Strange days”, nata durante il lockdown. Un lavoro che rappresenta una nuova messa in discussione personale, che fa seguito a un lungo momento, 96 giorni, di sospensione della pulsione fotografica. Durante una passeggiata nella sua Milano, Bardone ritorna a scrivere storie, anche questa volta in modo originale. Diego seleziona, sceglie cosa fotografare e rende la realtà discontinua, la adatta al proprio sguardo, uno sguardo umano. Il risultato è un omaggio passionale a una città che fa di tutto per non arrendersi. Fotografa ciò che vede con nuove regole di comprensione. Le sue immagini diventano una famiglia di comportamenti, di reazioni che descrivono somiglianze e richiedono ascolto, mediazione, conoscenza del sistema emotivo dell’altro.

“Il racconto fotografico nasce sempre dalla strada, quale palcoscenico, e dalla relazione che cerco di creare tra il contesto urbano e tra coloro che lo abitano. Sono spettatore non pagante nel teatro della vita, pertanto il mio linguaggio è quello che ho imparato dai fotografi del dopoguerra.

Non esiste progettualità per la mia fotografia; tutto deriva dalla voglia di raccontare l’essere umano in ogni sua sfaccettatura. Mi piace ricordare i volti delle persone che incontro affinché ne abbia memoria negli anni a seguire, come quasi voler rendere eterni i ricordi e le persone che ho incontrato lungo il mio cammino e, di contro, mi piace pensare di lasciare un segno del mio passaggio e permanenza attraverso il ricordo di me che ne avranno i posteri. Tracce, segni…io sono loro, loro sono la trasposizione in immagine della mia allegria vagabonda. L’intuizione e la pre-visualizzazione sono elementi fondamentali alla realizzazione di ogni scatto.”

Ogni scatto fotografico nasce da una formazione culturale eterogenea che ha plasmato la sua personalità e il suo gusto estetico: libri, fotografie, film, musica. La bellezza per Diego è ovunque la cerchi. In un gesto, in una posa, in una espressione del viso, in un abbraccio, nell’arte figurativa e pittorica. Il suo è un diario quotidiano, nel quale continuamente si imbatte in qualcosa di cui innamorarsi.

“L’atto del fotografare è strettamente legato alla voglia di mostrare la creazione delle proprie immagini. Dualismo indivisibile. Un dialogo con l’umanità.

Se non c’è la voglia di condividere le proprie esperienze con gli altri, che si tratti di fotografia, scrittura, pittura …si sprofonda nella solitudine. L’uomo necessita di gratificazioni, di essere parte integrante di una comunità dove sentirsi a “casa”. Nonostante le apparenze, la mia è una fotografia ad andamento lento, meditativa e intuitiva. Vagabondo per la città, lemme lemme lasciandomi trasportare dagli stati d’animo che, ambiente e persone mi stimolano e lo scatto fotografico ne è la conseguenza. Sono un flaneur che ama vagabondare per le strade della città senza una meta. Spesso accade qualcosa e se non accade, domani è un altro giorno.”