Il boom è arrivato grazie a TikTok, dove il suo talento è letteralmente esploso prima che la pandemia costringesse alla chiusura di cinema e teatri. Ma la carriera decennale, la gavetta nelle più prestigiose sale italiane e la passione per la recitazione hanno continuato a farle compagnia. Nonostante tutto. Così come quegli oltre 43mila follower su Instagram e le giovani promesse, che del suo “metodo” attoriale sui social fanno tesoro per imparare ad affrontare la sfida del palcoscenico. L’attrice romana e stella del web Ludovica Di Donato vanta collaborazioni con il duo di youtuber Le Coliche e ha trovato la formula magica della felicità, senza rinunciare ai suoi sogni. Una notorietà conquistata anche attraverso la trasmissione “Un’ora sola vi vorrei” e i lyp-sinc con la voce di Enrico Brignano. La ricetta per il successo in un mondo sempre più digitalizzato? «Originalità, simpatia, genuinità, costanza e fortuna», spiega entusiasta mentre si prepara ai progetti futuri.

Come si diventa star di TikTok?

«Credo proprio che la ricetta perfetta sia fatta di originalità, simpatia, genuinità, costanza e fortuna. Dopo la sua esplosione durante il primo lockdown, TikTok si è riempito di professionisti e farsi riconoscere è essenziale. Perciò ho sentito l’esigenza di offrire quel qualcosa in più a chi mi seguiva». 

Social e recitazione possono convivere?

«Direi di sì, altrimenti non sarei qui. Stanno imparando a vivere insieme, trasformandosi e adattandosi per fare spazio ad innovazione e cultura. Con questo non voglio dire che la convivenza si debba sostituire all’arte classica del teatro. Anzi, mi manca da morire e non vedo l’ora di tornarci come spettatrice o attrice, però sono anche dell’idea che una cosa non esclude l’altra».

In cosa consiste “Il metodo Ludovica Di Donato” ?

«Prima di tutto nella capacità di ritornare a “pensare”. I ragazzi sono poco allenati ad immaginare, analizzare e studiare. Con la recitazione possono farlo. E, in secondo luogo, nel riempire le parole del pensiero. Non amo affatto vedere gli attori recitare versi vuoti come fossero burattini, ripetendo le battute ogni sera nello stesso modo. Insegno ai miei allievi l’unicità e l’irripetibilità, quasi un debutto per tutte le volte che calcheranno il palcoscenico».

Laureata in Giurisprudenza e diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Quirino di Roma: quando ha capito che quella attuale era la strada giusta da percorrere?

«Probabilmente, al netto dei fatti, vivendo la pandemia. Venivo da un paio di anni d’inferno, immersa in una crisi totale: avvocato o attrice? È vero, lavoro nel campo della recitazione da parecchio tempo, ma è come se durante questo lungo percorso avessi sempre avuto un grillo sulla spalla che mi ripeteva: “Sei proprio sicura?”. Ed ogni volta vacillavo. Oggi non ho dubbi».

Ricorda un episodio divertente e off degli inizi della sua carriera?

«Assolutamente sì. Era uno dei miei primi spettacoli e recitavo in un piccolo teatro di Testaccio. All’epoca portavo ancora gli occhiali, ora mi sono operata, e non potevo utilizzare le lenti a contatto. Motivo per cui sono salita sul palco praticamente orba. Avevamo un cambio di scena rapidissimo: avrei dovuto spostare un tavolo e tre sedie, posizionandole sopra e incastrando tutto dietro una quinta minuscola completamente al buio. Una sera, nella fretta e nella cecità, sono inciampata e li ho fatti cadere a terra. E ho detto anche una parolaccia. Penso che il pubblico abbia sentito. Ma ero giovanissima, mi avranno perdonata!». (ride, ndr)

Ha una lunga esperienza teatrale e vanta uno stretto sodalizio professionale con Le Coliche…

«Sì, ho cominciato a collaborare con loro per puro caso. Nei due anni di crisi esistenziale ho lavorato in un piccolo pub di Trastevere, dove un giorno venne a prendere qualcosa da bere Giacomo Spaconi, il regista di Claudio e Fabrizio Colica. Ci mettemmo a chiacchierare e uscì fuori che avevamo amici in comune e che, effettivamente, i nostri visi risultavano familiari. Ci scambiammo i numeri di telefono e, successivamente, mi chiamò per un progetto. Ed eccoci qui, adoro Le Coliche!».

Era in piazza del Popolo con i mille bauli a manifestare?

«No, per motivi lavorativi non ho potuto essere presente».

Qual è, secondo lei, il futuro del mestiere attoriale?

«Più che altro ho una speranza: quella che l’attore possa essere considerato un vero portavoce di cultura e bellezza. Talvolta ho paura che sia un’utopia, in altri momenti, invece, intravedo un po’ di fiducia nel domani. A teatro, in un sottoscala polveroso, a casa mia, su TikTok, Instagram o qualsiasi piattaforma esistente sulla faccia della terra, continuerò a nutrire chi mi segue con le mie conoscenze. Se questo vuol dire adattarsi e cambiare, allora lo farò».