Sebbene vi sia spesso molto sensazionalismo intorno all’argomento, è indubbio che i nuovi strumenti digitali abbiano mutato radicalmente le nostre abitudini, sia come individui che come collettività. Sugli effetti di un’eccessiva dipendenza da questi mezzi si è interrogato il regista Adelmo Togliani nel cortometraggio di fantascienza Néo Kósmo.
In un prossimo futuro, le persone vivono perennemente in un mondo virtuale chiamato proprio Néo Kósmo, dove svolgono qualsiasi attività: comunicano, lavorano, studiano, partecipano a eventi. In una piccola famiglia benestante, una tata robot di nome Alésia cerca di proteggere il bambino più piccolo della famiglia dalla realtà virtuale in cui vorrebbero inserirlo i genitori quando sarà abbastanza grande.
Nel corso di tutto il corto, non vediamo mai quello che vedono gli umani una volta che si connettono al mondo virtuale, e vediamo solo delle persone con in testa un casco che agitano le braccia e compiono gesti strani. Questo può sembrare un errore di regia, ma in realtà lo scopo è proprio quello di mostrare quanto i mezzi digitali rendano più effimere e superficiali le nostre interazioni con tutto ciò che ci circonda.
Opposta agli umani è Alésia (interpretata da Giorgia Surina), che pur essendo un androide cerca di fare esperienze e provare emozioni vere, cercando di prendere il meglio da quel mondo reale da cui gli umani sembrano fuggire. Il messaggio è che più che un dominio delle macchine sull’uomo dovremmo temere la “robotizzazione” degli esseri umani.
Il modo in cui viene trattato il tema della realtà virtuale non serve a offrire storie cariche di azione e adrenalina, tipiche di film hollywoodiani come Tron e Ready Player One ma, al contrario, a mostrare quanto la nostra vita sia molto meno emozionante se abusiamo di questi mezzi.