Una riforma profonda della scuola per valorizzare le eccellenze

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Maurizio Manfellotto è il nuovo presidente degli industriali napoletani. Sessantotto anni, laureato in Ingegneria meccanica e navale, dal 2015 è chairman e ceo di Hitachi Rail Spa, società del Gruppo Hitachi specializzata nella costruzione di veicoli ferroviari d di trasporto di massa. Nel suo programma, lavorare per un Mezzogiorno più competitivo e la riduzione degli squilibri regionali.

Il Sud è la questione nazionale e non è rinviabile. Qual è la via maestra per rilanciare l’intero sistema di un Paese che nell’arco di un ventennio ha visto tutte le sue regioni registrare un calo del Pil per abitante?

”Sono quattro le direttrici di marcia per conseguire quest’obiettivo: investimenti, condizioni di attrattività, fondi strutturali e innovazione. E poi avvalersi dell’utilizzo efficace delle risorse europee. Ma, soprattutto, servono riforme strutturali, capaci di fare uscire il Mezzogiorno ed il Paese dall’era dei sussidi per entrare in quella della rioccupabilità. Tanto per portare un esempio: a fine 2019 il Pil del Mezzogiorno per abitante era ancora di 10 punti percentuali al di sotto dei livelli 2008, mentre nel Centro-Nord ne mancavano ancora due. E le previsioni post Covid fanno tremare i polsi”.

Come va dunque tracciata questa strada?

“Innanzitutto recuperando il gap infrastrutturale tra le diverse aree del Paese, necessaria per favorire la trasformazione tecnologica e digitale e risanare un territorio carente e degradato in numerose aree urbane. Occorre attrarre investimenti, che costituiscono la precondizione, insieme alla necessaria azione di prevenzione e controllo, per risolvere il problema della legalità, tema nazionale e non solo locale. Non basta disporre di risorse ingenti. Occorre saperle spendere senza sprechi, rendendo efficienti le amministrazioni pubbliche. La tumultuosa innovazione tecnologica va inoltre governata creando nuovi profili professionali digitali, valorizzando merito ed eccellenze, investendo sempre più nella ricerca, con una costante interazione con l’industria, a cominciare da quella manifatturiera”.

E le imprese?

“Devono essere i principali attori della trasformazione, ma trascinando chi di dovere a porne le premesse. Le imprese devono fare la loro parte, cooperando sempre più tra loro e con i poli dell’innovazione, con le eccellenze pronte a rivestire un ruolo da contaminatori virtuosi per il tessuto produttivo del territorio e con linee di sviluppo indirizzate verso l’unico orizzonte possibile, quello della sostenibilità, in linea con il new green deal europeo. E’ l’unica strada è il modello dello sviluppo sostenibile. Ma non possono continuare a competere sobbarcandosi i costi impropri determinati dall’inerzia amministrativa che, anche in questo caso, allarga la forbice tra Nord e Sud”.

Qual può essere dunque la terapia intensiva per un malato grave come il Paese. 

“Partire con un piano di investimenti pubblici per recuperare il gap di infrastrutture, per favorire la trasformazione tecnologica e digitale, per avviare un imponente piano di bonifiche ambientali e uno, altrettanto imponente, di risanamento idrogeologico, utilizzando una dose cospicua di risorse come il Recovery plan,  fondi strutturali e nazionali). Che il Paese cada a pezzi è sotto gli occhi di tutti. Per non parlare della condizione di degrado assoluto di numerose aree urbane italiane. Serve inoltre che le amministrazioni regionali cambino urgentemente passo nell’utilizzo delle risorse comunitarie: la situazione al Sud è fortemente deficitaria. Sull’agenda dei fondi strutturali 2014-2020 stentiamo a contabilizzare il 20% delle risorse disponibili. Parliamo di miliardi di euro che non vengono spesi nonostante l’enorme fame di lavoro e di sviluppo”.

Lei ha parlato anche di “education”.

“E’la leva strategica per ogni forma di competitività: occorre una riforma profonda del sistema formativo, di ogni ordine e grado, per valorizzare merito ed eccellenze, dare linfa alle enormi potenzialità del capitale umano di cui disponiamo. Bisogna considerare che, grazie alla digitalizzazione, saranno necessarie nuove professioni, che sostituiranno molte altre divenute obsolete. E bisogna investire tanto di più sulla ricerca, creando un ponte stabile tra i laboratori e il mondo delle imprese. Ricerca, innovazione, digitale e investimenti in scienza e tecnologia si accompagnano sempre strettamente con la produzione e con la manifattura, che pure saranno soggette ad una trasformazione radicale. L’interesse del mondo dell’impresa nei confronti della formazione e dell’innovazione ha oggi molto più di ieri a che fare con la sua stessa sopravvivenza”.