“Sor Marchese, è l’ora”: 100 anni di Alberto Sordi

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Sono passati 100 anni dalla nascita di Alberto Sordi (nacque a Roma il 15 giugno 1920) e un po’ si sentono: l’Italia in cui visse e che i suoi film hanno descritto meglio di un manuale di sociologia non esiste più.

Fu sublime in ruoli drammatici come il tenente Innocenzi in Tutti a casa di Luigi Comencini, Giuseppe Di Noi in Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy o Pietro Vivaldi di Un borghese piccolo piccolo di Monicelli. Nemmeno il coraggio e la perseveranza gli mancavano.

Il suo cammino verso il successo fu lastricato di delusioni e incomprensioni, fino a che non pescò il jolly nel 1937, ancora minorenne, in un provino alla Metro Goldwin Mayer che aveva bandito un concorso per trovare la voce italiana dell’attore Oliver Hardy, in arte Ollio. Il resto fu finalmente in discesa, negli anni’50 e ’60, dove risiede la crème della sua filmografia. Capolavori come Un americano a Roma di Steno, La Grande Guerra di Monicelli, insieme a Vittorio Gassman e Silvana Mangano, I Vitelloni del suo fraterno amico Federico Fellini, Il vedovo di Dino Risi, resteranno pietre miliari del nostro cinema, assieme ad altri ruoli cult del decennio successivo come l’Otello Celletti de Il Vigile, il dottor Guido Tersilli del feroce Il medico della mutua o lo stracciarolo Peppino che ne Lo scopone scientifico, sempre di Comencini, ogni anno sogna di arricchirsi battendo a carte la ricca e avida Bette Davis, in coppia con la moglie Antonia, interpretata da Silvana Mangano.

A partire dal 1966 diventò lui stesso regista dei suoi film, con esiti in chiaroscuro: a pellicole riuscite come Polvere di stelle in coppia con Monica Vitti o Finchè c’è guerra c’è speranza, dove è Pietro Chiocca, un cinico venditore di armi nei paesi africani, alternò altre meno belle come il cripto-misogino Io e Caterina.

Negli anni’80 la sua interpretazione migliore fu senza dubbio quella ne Il marchese Del Grillo. Divertenti i due film in coppia con il designato erede Carlo Verdone In viaggio con papà e Troppo forte, anche se a posteriori Verdone dichiarò di non aver apprezzato il taglio che Albertone diede all’avvocato Giangiacomo Pignacorelli In Selci.

Snobbato da pubblico e critica è stato invece quello che l’attore considerava il proprio testamento spirituale: il malinconico Nestore l’ultima corsa del 1994. L’attore si è identificò nel protagonista, il vetturino Gaetano Bernardini, costretto a separarsi dal cavallo Nestore destinato al mattatoio, metafora di un cinema che stava cambiando e andando incontro a un’involuzione negli interpreti e nelle trame.

Albertone morì la sera del 24 febbraio 2003 all’età di 82 anni, nella sua casa. Quanto fosse una parte fondamentale di Roma lo dimostrarono i suoi 250 mila concittadini che, dopo averlo omaggiato in Campidoglio, parteciparono il 27 febbraio ai funerali solenni nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Sordi riposa nella tomba di famiglia, presso il cimitero monumentale del Verano. Sulla lapide c’è scritto: “Sor Marchese, è l’ora”.

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