Enrico Montesano: “I plexiglas a teatro? Assurdi, gli darei fuoco!”

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Ph. Il Giornale

Ha compiuto da pochi giorni 75 anni e merita sicuramente un posto permanente nell’Olimpo della commedia italiana. Ma Enrico Montesano, nipote e bisnipote di commedianti e musicisti, già parlamentare europeo, già consigliere comunale, tifoso laziale doc, è un artista a tutto tondo, sempre controcorrente, mai allineato. Ha interpretato “Er pomata” in “Febbre da cavallo”, ha condotto “Fantastico”, è stato “Rugantino”, e alcuni suoi personaggi sono passati alla storia: chi non ha mai visto il vecchietto Torquato? E le sue avventure non sembrano affatto finite, tutt’altro. All’orizzonte si profila persino il Campidoglio. Sì, proprio la poltrona di primo cittadino della Capitale.

Montesano, è vero che fra poco dovremo chiamarla Sindaco?

E’ nato tutto come uno scherzo e una provocazione, dopo aver letto le dichiarazioni di disponibilità alla candidatura da parte di Massimo Ghini, con il quale eravamo nel Consiglio comunale di Roma nel 1994, all’epoca della prima Giunta Rutelli, allora presi 8.300 preferenze. Io penso che fare il Sindaco di Roma sia una cosa da far drizzare i capelli, una cosa da non dover augurare al peggior nemico, ma sarebbe un grandissimo onore se penso a Luigi Petroselli, a Ernesto Nathan, a Ugo Vetere, il Sindaco che mi ha sposato. Ho detto scherzando a Ghini di fare scapoli contro ammogliati e vediamo chi vince.

Insomma, le piacerebbe.

Io per la mia città sono pronto a sacrificarmi e a farmi mettere in croce, Roma merita questo e altro, io sono una piccola entità, però sono un cittadino romano, e sono stato un consigliere comunale, e quindi un onorevole, come nella tradizione del Senato romano. E come si dice, la lingua batte dove il dente duole, e il dente mi duole parecchio: ci sarebbe da levare la carie, ma qui non c’è rimasto più niente, ‘se so’ magnati pure il dente’. C’è un abbandono completo, ho visto un deterioramento e un peggioramento lenti e inesorabili.

Quindi si riferisce anche alle responsabilità di Virginia Raggi?

Da quarant’anni a questa parte, forse cinquanta, c’è stata una classe dirigente che si è impegnata a fondo per questa degenerazione: qualcosa fanno ma proprio poco. Il litorale romano per esempio è diventato squallido. Per i primi tempi ho difeso l’attale Sindaco, anche perché sono stato un suo elettore, ho creduto nell’azione politica di un nuovo movimento, devo constatare però con amarezza e delusione che le idee e i programmi originari sono andati a finire in cantina e in soffitta. Il primo M5S non lo vedo più.

Raggi bocciata dunque?

All’inizio ho sempre difeso la Raggi, so quali sono le difficoltà e aveva ragione Vetere quando da presidente del I° municipio diceva di vergognarsi perché non aveva i soldi per rimettere a posto la pavimentazione di Piazza Barberini, ovvero il salotto di Roma.  Ed è vera la tesi di chi sostiene che quando si capirà che chi va a fare l’amministratore non sta lì per risolvere i problemi della cittadinanza ma i suoi problemi, si sarà capito cos’è la politica; tuttavia, ci sono dei politici che ci provano a risolvere i problemi: Petroselli, ad esempio. Io la Raggi la giustifico per il primo periodo, ma poi se mi si rompe la scala mobile di una fermata della metro a costo di chiamare il mio fabbro di casa, la devo riparare in una settimana, non me ne frega niente delle zavorre. Sono 40 anni che c’è una struttura che non si vede, che non è votata, che sta là fra gli amministrativi, e che blocca tutto: se non si possono cacciare, ruotiamoli… Non so se la Raggi abbia provato o meno, ma che si fa, andiamo avanti così per altri 50 anni? Roma va bene così com’è?

Covid 19, fase 1,2,3, ripartenza: che Italia è, che governo è?

Il mio personaggio che ho lanciato sulla Rete, il rapper Fermo Blas, per gli amici Blasfemo, direbbe: ma che stai a dì, un sacco di pappole! I 25mila euro di prestiti non li ha visti nessuno. Dicono che i sondaggi per l’avvocato del popolo siano alti, ma saranno veri? Come diceva Giulio Andreotti a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si indovina. Parlavo recentemente con un mio amico imprenditore del Veneto e concordavamo: la classe politica della prima Repubblica in confronto agli attuali politici era molto meglio, non c’è paragone. Se uno pensa a Rino Formica, a Giulio Andreotti, a Bettino Craxi. E se qualcuno dice che quelli rubavano, io rispondo, perché questi no? Sono tutti stinchi di santo che fanno tutto per il nostro bene, infatti ho visto la vicenda dei 15 milioni di mascherine nel Lazio?! Se dobbiamo far finta che va tutto bene…

Nel settore cultura, e teatro in particolare dove adesso si riprende con gli spettacoli, la situazione è diversa?

Macché, è tragica, e la gestione del coronavirus potrebbe essere il colpo di grazia finale. Negli anni ’80 io ero al Sistina di Giovannini e Garinei e la gente veniva, adesso si fatica, si va a vedere solo l’evento particolare. Del resto, abbiamo mai fatto una politica a favore della cultura? Come al solito c’è una politica assistenziale, si danno dei soldi ma soltanto a qualcuno, un po’ di elemosina, tutti col cappello in mano. Poi ci sono i teatri privati, quelli che faccio io, e non ho mai beccato un soldo, manco uno, e paghiamo un sacco di tasse, paghiamo l’Irap che è una tassa assurda: ma come, io produco, assumo 20 persone, e tu mi fai pagare l’imposta? Mi dovresti dare un premio. Questi comitati tecnico-scientifici hanno mai amministrato una compagnia teatrale, un teatro? Una fila sì, una fila no, un posto sì, un posto no? C’è da mettersi a piangere tutti assieme. Come si fa? Uno squallore! Il teatro o si rifà come si faceva prima del covid o se no è la fine. Se io fossi ministro della Cultura direi: allora, tutti i soldi spesi per il teatro si possono scaricare. Quindi, toglierei un po’ di tasse alle compagnie, che sono quelle che producono: senza compagnie al posto del teatro ci fai un bel garage.

E se per i teatri l’esecutivo proponesse divisori in plexigas come aveva fatto in un primo momento il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina per la scuola e i banchi nelle classi?

Al plexiglass gli darei fuoco, è un’assurdità: il virus da destra e sinistra non entra, però potrebbe dall’alto o dal basso… Non capisco, non capisco davvero. Al ristorante per andare al cesso devi metterti la mascherina: che regola è? Basta cercare di stare ad una distanza di sicurezza, che poi è quella che si dovrebbe usare come forma di educazione, non si va sotto alle persone, è maleducato, si mantiene una distanza di rispetto e di riguardo. Così come da sempre mi lavo le mani, non c’è bisogno che me lo dica l’Istituto superiore della Sanità, mia nonna mi diceva prima di cena ‘bambini, lavatevi le mani, e non mettetevi le dita nel naso’. Una cosa buona il covid l’ha fatta…

Quale?

Di fare in modo che i tavoli non stiano troppo attaccati: quando l’esercente tratta meglio i suoi clienti e offre loro un po’ di spazio in più, c’è soddisfazione, è bello poter parlare senza essere ascoltati. Lo stesso si può dire per il mare e per la distanza fra gli ombrelloni.

Quali sono i suoi programmi nell’immediato?

Non lo so, regna l’incertezza, ma mi piacerebbe tanto fare una trasmissione televisiva, però vedo che replicano roba vecchia, dicono che non ci sono soldi, e c’è una programmazione lontana dal varietà.

Ma lei in Rai sta pagando le sue posizioni spesso controcorrente?

Può anche darsi che io metta un po’ di preoccupazione, però poi c’è qualcuno che le battute le fa lo stesso. Molto dipende dai rapporti personali e dalle conoscenze. Io penso che occorra giudicare dal risultato professionale, si diceva nel ‘68 che una risata vi seppellirà, poi non ha seppellito nessuno. In un Paese democratico non bisogna avere il terrore di una battuta, anzi la battuta rafforza la democrazia. Da noi al contrario si ha timore, e allora si preferisce riempire la tv di trasmissioni del bla bla bla e del pettegolezzo, invece di fare programmi di varietà intelligenti, divertenti soprattutto, gradevoli, per intrattenere lo spettatore. Al contrario, vogliamo spettatori annoiati e inebetiti che stanno davanti al piccolo schermo.

In realtà qualche programma di satira c’è, anche se solo contro una precisa parte politica, cioè il centrodestra.

E’ vero, sì, si fa un po’ di satira, pure abbastanza pesante e feroce, però a mio avviso la satira è contro il potere costituito, o perlomeno non dovrebbe avere colore, e colpire a destra e a manca, altrimenti siamo vestali del pensiero unico: ma in Italia si colpisce a destra, a manca un po’ meno, anzi la satira che colpisce a manca manca