Fra i “palombari dell’arte” nel tempo della clausura

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Agostino Arrivabene - Pietas

Spesso gli interregni sono epoche di rivelazione. Apocalissi, se seguiamo l’etimologia greca. Il tramonto dei fenomeni lascia infatti scorgere l’aurora degli eventi che si presenteranno, i quali, come in una rete invisibile e sottile, sono sempre coimplicati fra loro. Passato, presente e futuro si rincorrono, in un gioco di specchi.

Senza ambire a dipingere l’orizzonte del mondo post-Covid 19 – giacché i futurologi sono troppi, e assai poco futuristi, a parere di chi scrive – proviamo piuttosto a indagare la Stimmung (la “condizione emotiva”, per usare un’espressione cara a Martin Heidegger) di questo tempo.

Cartografiamo i paesaggi nascosti di quegli artisti che dell’epidemia non accettano l’interpretazione mainstream, che alla chiacchera televisiva prediligono la ricerca interiore, al saccheggio del contingente la sfida dell’elementare.

Fra i numerosi “palombari” dell’Arte, che stanno sfruttando monasticamente il tempo della clausura per un confronto con gli abissi – quelli del proprio sé e della propria epoca – e per un’osservazione metodica delle insorgenze che ci incalzano dall’avvenire, ve ne sono alcuni particolarmente attenti, quasi chirurgici, per usare una metafora medica quanto mai attuale, nel riconoscere porzioni “significative” della realtà e illuminarle su un piano artistico. Toni cupi e ironici si alternano, ma concorrono a precisare l’ambizione profonda dell’arte, che non è solo celia, provocazione e gioco intellettuale, ma responsabile cura del mondo, ponte fra livelli di verità, mistero enigmatico della contraddizione.

Stefano Gentile – Ancestors

Uno stile pop e scanzonato lo ritroviamo tanto in Ancestors di Stefano Gentile quanto in Parabola del seminatore di memi, di Joseph “Watchman” Kaliher. Se nella prima tela a emergere è la tematica asimoviana della robotica, il surrealismo “psichedelico” della seconda s’interroga sul carattere apocalittico della pandemia. Al sorriso indotto da queste opere colme di ironia e citazionismo segue subitaneo il timore che, per quanto paradossali, gli scenari presagiti possano racchiudere una sconcertante dose di verità.


Tommaso Ottieri-Red STar

A indagare il dolore e lo sconforto dell’esperienza del singolo sono invece Tommaso Ottieri, in Red Star, e Daniele Vezzani, in Donna sulle scale. Solitudine, alienazione, nudità della vita: le coordinate estetiche di opere distanti per stile pittorico ma affini nell’intenzione espressiva. L’uomo cinese di Red Star vive l’inferno fiammeggiante entro cui persino la sopravvivenza è messa a rischio, la protagonista occidentale di Donna sulle scale è teatralmente impietrita nel gelo di una società disumana. Maschera e volto del postmodernismo globale.

Dal microcosmo al macrocosmo. L’esperienza allucinata e surreale di quanto stiamo vivendo travalica la contingenza umana e si rispecchia nella natura. Anche il cosmo che, sin dall’etimologia greca (kosmos), esprime ordine ed equilibrio armonico, può manifestare lo sconquasso della tragedia. Lo sperimentiamo con intensità in Arriva il temporale, di Davide Frisoni: il paesaggio, in cui l’unica testimonianza antropica è costituita da un esile manufatto, ultimo baluardo di una tecnica decaduta e deceduta, esprime una estrema solitudine universale. Il cielo tempestoso incalza una terra arcaica, pervasa anch’essa da una lacerazione profonda.

Vi è chi invece, come Giuseppe Vassallo, coglie nella (sovra)natura un luogo di Trasfiguratio ed estasi, come titola una sua recente opera. Qui il cielo stellato si trasfigura in un mare placido e appagante, che una mano (sovra)umana raccoglie nel proprio palmo: nella sua elementarità, quasi un’icona che richiama all’archetipo materno delle acque, simbolo par excellence dell’Origine preformale e generatrice.

Roberto Ferri -Il traghetattore di ombre

L’era Covid è poi un’età di passaggio: per molti italiani, purtroppo, si è rivelata il tempo dell’escatologia individuale, del doloroso e tremendo itinerario dalla vita alla morte, dal regno terrestre a quello dell’Acheronte. Dei loro destini, mitologicamente, si fa carico il protagonista del recente capolavoro di Roberto Ferri, Il traghettatore di ombre: caravaggesca rivisitazione del Caronte virgiliano e dantesco.

Ma il passaggio può assurgere anche a trasformazione interiore, nell’hic et nunc: quando l’uomo, nella sua nudità elementare, supera le proprie paure e comprende la responsabilità metafisica che gli spetta. Allora, il tradizionalista senza Tradizione, per usare il linguaggio del filosofo russo Aleksandr Dugin, assurgerà a Soggetto Radicale, protagonista di una rinnovata, eroica, esperienza metafisica, che si nutre della corrispondenza cosmica con l’immagine paradossale del Sole di Mezzanotte: ispirazione simbolica – e titolo – dell’opera di Lorenzo Carlo Perin.

La pandemia evoca, infine, scenari esplicitamente apocalittici. Lo fa riferendosi a successi letterari, come La peste di Albert Camus, ma soprattutto attingendo a un immaginario arcaico e pre-razionale, di carattere intuitivo, simbolico ed esoterico, che ha avuto il suo culmine in quelle raffigurazioni escatologiche indelebilmente impresse nella coscienza occidentale, come ben si rileva nell’opera teologico-politica di Jacob Taubes. Agostino Arrivabene, medium contemporaneo e artefice di un’arte dalla volontà magica e sovrasensibile, rappresenta nel suo recente Pietas una personale visione apocalittica: quattro cavalieri incombono sul mondo; il cavaliere rosso, quasi una fiamma di annichilimento cosmico, porta con sé il morbo, segnando il suo cammino con l’accensione di fuochi che piovono sugli esseri umani, disperati per la catastrofe in corso; a sinistra, la rappresentazione tradizionale della pietà s’incarna in un padre che sorregge il figlio morto; a destra, un andito oscuro, la bocca di una fornace da cui fuoriesce un’animula fluttuante. L’artista utilizza l’antica tecnica dell’encausto a freddo, testimoniata già da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia: dal greco ἐγkαίω, “brucio”, “accendo”, “imprimo col fuoco”. Fuoco dell’arte, fuoco della vita, fuoco dello Spirito.

Stretti fra attese e speranze, viaggi interiori e riflessioni epocali, gli artisti testimoniano il peso del tempo storico che stiamo vivendo.

Riusciremo, noi con loro, a uccidere lo “spirito di gravità”, il demone avversato da Friedrich Nietzsche, che oggi si fa così presente nella percezione dell’uomo? “Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini, avrà spostato tutte le pietre di confine; esse tutte voleranno in aria per lui, ed egli darà un nuovo nome alla terra, battezzandola – ‘la leggera’” (Così parlò Zarathustra).