“Fu una tragedia per l’Italia ma non per tutti gli italiani. Per una parte fu la fine di un incubo, per un’altra fu l’inizio di un’altra guerra”. Potrebbe essere l’incipit di un articolo redatto alla fine dell’emergenza coronavirus, che speriamo arrivi prima possibile. Invece è l’incipit dell’articolo di Marcello Veneziani pubblicato sul numero in edicola di CulturaIdentità, contrassegnato da quell’idea di patria che l’Italia perse quando risorse all’indomani dell’8 settembre. “Dell’8 settembre resta il disprezzo per le classi dirigenti, la voglia di scappare dalla storia o defilarsi, la via del tradimento e della resa pur di non caricarsi di responsabilità e tirare a campare. E restano i rancori tra le fazioni, anche se si è dimenticata la ragione storica e ideale che le animava. Resta il peggiore degli antifascismi, quello a babbo morto, a fascismo caduto e poi sepolto. Insomma lo spirito dell’8 settembre è ancora in noi ed è il primo muro che ci separa dall’amor patrio. L’8 settembre gli italiani furono spaesati e si barricarono in famiglia; ma l’Italia restò l’Italia, nel bene e nel male, inghiottì le sue tragedie dentro il suo grembo atavico. Perché una patria è quel che resta dopo l’uragano.” […]
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E in più vi dico che l’Italia cominciò si a morire quel giorno ove la gente stava tappata in casa e aspettava solo da che parte schierarsi per il proprio meschino e immediato interesse da topo, ma poi si surclassò nelle sceneggiate dei comunisti partigiani lasciati furoreggiare dai democristiani invece che reprimerli a morte con l’aiuto degli Americani. Fu allora che si perse l’occasione per almeno tentare una ricostruzione civile e politica. Da quel momento, con il potere dei comunisti cui i tremebondi democristiani potevano opporre solo i celerini di Scelba isolato a sua volta, l’Italia è sempre stata in balia delle sinistre, come dimostrò quella volta che fece un governo di centrodestra con Malagodi, ma dovette lasciarlo cadere per via delle violente e vergognose brutalità di piazza dei soliti comunisti. Ricordo che quei giorni provai una gran rabbia impotente, poiché Malagodi era un galantuomo e un signore, e non meritava quegli attacchi vergognosi. Altra cosa è la triste sudditanza culturale dell’Italia rispetto agli anglosassoni, quasi non si avesse mai avuto il primato delle lettere e della cultura!
L’ Italia la prima guerra mondiale la vinse quando riuscì a liberarsi dagli approfittatori di guerra e dai generali incapaci. Ricostituì un esercito suddiviso in corpi d’azione snelli e veloci che non morivano di burocrazia generalesca, ma agivano rapidi in base all’esigenza del momento. Vinse allora la guerra perché prima aveva disperatamente tenuto sul Piave facendo esaurire l’impeto a sua volta disperato degli Austriaci aiutati dai tedeschi, con Rommel che lì si fece le ossa, e fu da sola, che vinse. Quella volta l’Italia riuscì a fucilare i traditori e a punire i ladri e accaparratori. Poi, all’indomani della guerra, il lato peggiore dell’Italia si distinse nell’assoluto egoismo verso i reduci e nel furoreggiare dei comunisti coi loro “fasci rossi”. Però i reduci riuscirono a ribellarsi e a rovesciare la cricca di cialtroni e ladri che neppure dava una pensione ai mutilati e alle vedove di guerra. Furono aiutati in questo dall’energia e dal coraggio degli ex Arditi, che furono ispiratori del corpo dei Marines americano, gente votata anche a morire (cosa inconcepibile per gli italioti di oggi), e così sorsero i Sansepolcristi a Milano e i primi fasci di combattimento contro i fasci rossi comunisti. E venne la marcia su Roma. Molti italiani che sono i soliti italiani da poco, si schierarono col fascismo quando esso andò al potere, fondamentalmente perché era al potere e fu un salire sul carro dei vincitori. I più bravi nel fare i leccapiedi si stabilirono nei centri di comando giurando eterna fedeltà al “duce” e distinguendosi per le più vergognose azioni di piaggeria. I più coraggiosi e non fanatici vennero surclassati in maggioranza mentre Mussolini si isolava psicologicamente sempre più nel disprezzo verso i gerarchi da poco che lo circondavano, e fu questo il suo errore più grave, perché le leggi antiebraiche e l’allearsi con Hitler furono un errore madornale fatto da un uomo solo al potere fra mediocri senza idee o coraggio ma carrieristi tranne pochi di loro come Balbo eccetera.Un uomo solo che sbagliava senza nessuno che avesse il coraggio di opporsi fermamente.
L’errore madornale lo commise Mussolini che da ‘nonbelligerante” nel 1940, credendo che Hitler avesse ormai vinto, dichiarò la guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, dimentico che i due Paesi avevano aiutato l’Italia nella Grande Guerra dopo Caporetto con 11 divisionei (un Corpo d’Armata) che altrimenti l’Italia avrebbe perso la guerra e volendo fare il furbo con i Tedeschi. Il suo comportamento cinico rovinò il suo Governo e l’Italia. lui dette il via ai guai dell’Italia che paghiamo ancora oggi, a prescindere poi che l’Italia in una guerra d’aggrssione come quella, con un esercito scalcagnato e sgangherato, fece figuracce tremende su tutti i fronti.
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