Maria Grazia Cucinotta: “La polemica contro Amadeus è ridicola”

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L’affascinante attrice siciliana si racconta a OFF tra Sanremo e James Bond

Maria Grazia Cucinotta, attualmente in tournée con Figlie di Eva (fino al 9 febbraio alla Sala Umberto di Roma), insieme a Michela Andreozzi e Vittoria Belvedere, confessa inedite curiosità personali e lavorative.

In Figlie di Eva Interpreta Vicky una donna tradita. Lei è mai stata tradita?

Eh…gli uomini più sei appariscente e più entrano in competizione. E alla fine il loro cervello basso prevale anche su quello alto. Una volta che capisci questo, non ti aspetti più niente. È un loro limite!

Invece un limite delle donne sembra quello di non coalizzarsi, a parte nel suo spettacolo dove le tre protagonista diventano amiche…

È quasi impossibile che le donne siano unite e divengano complici, come accade nel mio spettacolo. Parliamo tanto di violenza da parte degli uomini, ma le donne a volte sono le prime nemiche di se stesse e diventano il sesso debole proprio perché non sanno essere complici e amiche tra di loro.

È raro trovare un ambiente dove le donne lavorano tutte in armonia. L’unico posto che ho trovato così è stato la Susan G. Komen, l’associazione per la lotta ai tumori del seno dove collaboro da quasi vent’anni. Lì c’è veramente una coalizzazione tra le donne. Forse perché la malattia le unisce, il sesso sparisce ed esiste solo la voglia di farcela, di vivere, di capire veramente il valore della vita.  Soltanto lì ho trovato un’amicizia vera.

Perché accade questo?

Perché le donne sono esseri autonomi. Inoltre siamo sempre state abituate ad essere in competizione con qualche altra, per colpa di un uomo o per colpa dell’educazione. A volte si cresce credendo che l’altra ti possa portare via qualcosa, che l’altra sia meglio di te, che tu possa essere sostituita da un uomo con un’altra. E questo ti porta a non essere amica delle donne, quando poi in realtà ognuno di noi è un pezzo unico e proprio perché siamo uniche dovremmo essere tutte molto più unite e apprezzare le doti dell’altra per migliorarci oppure completarci. Come fanno gli uomini. Un uomo non litigherebbe mai con un altro uomo per una donna. Si possono non parlare per due giorni, poi escono la sera e si divertono, e ci ridono pure sopra. Noi invece per un uomo siamo capaci di creare una guerra. Questo ci rende estremamente deboli. Perché abbiamo sempre bisogno di un altro per completare un progetto. E questa commedia mette in risalto questo aspetto.

Nell’ultima riunione che ho avuta con l’associazione che si occupa di violenza sulle donne, abbiamo pensato di creare dei corsi per educare i bambini, ma soprattutto educare le mamme: perché siamo noi donne che cresciamo i maschi che poi diventano violenti; e siamo noi che li aizziamo contro le donne; spesso abituiamo i ragazzini a pensare che le donne, a seconda di come si vestono, debbano più o meno essere quelle da punire oppure da giudicare. Il giudizio è un’arma letale.

L'intervista OFF a Maria Grazia Cucinotta

A proposito di maschi violenti, ora c’è stata una polemica su Junior Cally, il cantante che parteciperà a Sanremo…dicono che nei testi delle sue canzoni ci siano parole violente, sessiste…

Ma di cosa parliamo? Di uno che scrive una canzone? Ci sono serie televisive dove sgozzano la gente, ammazzano, ci sono prostitute. Ognuno scrive ciò che vuole, ormai. Non c’è più un limite. Ma se tu di base hai un’educazione, puoi ascoltare qualsiasi cosa senza farti influenzare dal primo cretino che arriva. Non è una canzone che porta alla violenza. ono le persone che sono malate e di conseguenza sono violente, perché sono state sfortunatamente cresciute in famiglie che non li hanno educati o in ambienti dove non hanno visto altro che quello.

Cosa ricorda degli episodi off degli inizi della sua carriera?

L'intervista OFF a Maria Grazia Cucinotta

In realtà non volevo fare l’attrice, ero timidissima: i primi provini li facevo in apnea, parlavo molto velocemente ed ero incomprensibile. Non mi prendevano mai. Quando andavo su un set mi paralizzavo. Una volta dovevo dire Ti amo e mi vergognavo a tal punto da non riuscire a pronunciare quelle due parole, tanto che mi dissero: non vuoi dirlo? Vai via!

Col tempo questo lavoro mi ha dato la possibilità di vincere questa mia grande timidezza. Ero impacciata e in più sono dislessica, di conseguenza avevo già dei problemi a coordinare cervello e lingua. Questo lavoro mi ha tirato fuori tutti quegli incubi che mi portavo dentro.

Non aveva mai fatto teatro per la timidezza?

Sì, e devo dire grazie a Michela Andreozzi, a Massimiliano Vado (il regista dello spettacolo, n.d.r.), a Vittoria Belvedere e a Marco Zingaro. Siamo alla 203esima replica e abbiamo fatto più di 100 sold-out in giro per l’Italia. Con questo spettacolo si è avverato il mio sogno di fare teatro. Anche perché se non fai teatro ti senti sempre incompleta. Oggi sono contenta di aver vinto la paura e di aver debuttato con delle donne. Questo spettacolo dimostra che le donne possono essere amiche e che il talento non ha sesso. È il pregiudizio a creare violenza e distanza.

Diversamente che lavoro avrebbe fatto?

La psicologa. Ma all’inizio pensavo di fare il politico o il magistrato, perché volevo cambiare il mondo. Poi mi sono resa conto che il volontariato forse aiuta molto di più.

È vero che non voleva fare la Bond girl?

Sì, l’ho rifiutato per ben tre volte. E devo dire grazie alla mia agente che ogni volta che dicevo no, continuava con le trattative. Così sono diventata una Bond girl. E lo sarò per tutta la vita. Anche a 80 anni. E questa è una cosa fighissima!

L'intervista OFF a Maria Grazia Cucinotta

Lavorando all’estero, quale pensa sia il difetto degli italiani?

Lavorare all’estero per me è stata una grande liberazione perché nessuno ti giudica, ti vedono per quello che vali e non hanno pregiudizi. Io arrivavo dalla televisione, dalla moda, dalla pubblicità, e di conseguenza, non avendo fatto centri sperimentali o frequentato salotti, in Italia ero sempre quella miracolata per tutti, che magari sarebbe finita il giorno dopo. Invece quando sono arrivata a Los Angeles per loro ero Beatrice Russo, l’attrice de Il Postino che aveva avuto cinque nomination all’Oscar, ne aveva vinto uno, ed era stato il film più visto al mondo. Di conseguenza partivano con un rispetto profondo per quello che avevo fatto. Ho fatto dei corsi, ho capito a fondo questo lavoro e ho scoperto veramente la macchina infernale che è il cinema: la più grande dittatura al mondo: gli americani hanno creato la più grande dittatura mediatica al mondo, dove ci influenzano continuamente. Loro ci fanno fare esattamente quello che vogliono  attraverso i loro film e ti condizionano, perché sono dei geni della comunicazione. E pensare che il cinema è nato in Italia. Loro hanno imparato a fare questo lavoro da noi e ne hanno fatto un mestiere potentissimo. Noi siamo rimasti degli artigiani.

E un suo difetto personale, invece?

Non ho vie di mezzo: o ti amo o ti ignoro, nemmeno ti odio.

Ora che fa la produttrice, ho letto che lei aiuta i giovani, cerca di dar loro una chance per uscire dall’ombra e dimostrare quanto valgono. Chi, a suo tempo, le ha dato una chance?

Troisi in assoluto, e poi le pubblicità. Lilia Trapani, che era la casting director con la quale ho fatto un sacco di pubblicità e Cucca, un altro casting director di pubblicità. Loro sono stati i primi che hanno avuto fiducia in me dandomi visibilità.

L'intervista OFF a Maria Grazia Cucinotta

Lei ha lavorato con grandi attori. Chi l’ha sorpresa di più?

Un po’ tutti. Ma uno degli attori più bravi in assoluto con cui ho avuto la fortuna di lavorare è stato Anthony Hopkins. Ho accettato di fare un film solo perché c’era lui. E se penso al maestro di recitazione penso a lui e ad Edward Norton. Per me sono i due attori più bravi in assoluto. Avevamo quasi tutte le scene insieme e ricordo che all’inizio penavo per togliere l’accento italiano dal mio inglese. Lui doveva recitare una parte in latino e una in italiano e ebbe un attimo di difficoltà. Così pensai: vedi, capita anche ai grandi!

Qual è stata la scena più difficile della sua carriera?

A livello emotivo, girare l’ultima scena senza Troisi sul set de Il Postino, perché purtroppo era già morto. È quella scena in cui tornava Neruda e io gli davo la cassetta: era talmente vera che a un certo punto abbiamo pianto tutti e abbiamo dovuto interrompere di girare per ore.

Invece una delle scene più difficili è stata quando in un film dovevo andare a cavallo -io ho la fobia dei cavalli-, o in bicicletta -non ho equilibrio in biciletta. Entrambe le situazioni per me sono state un incubo.

Poi mi sono ritrovata a girare scene in cui passavo da un palazzo all’altro senza neppure avere la controfigura: una cosa che non farei mai più.

Ci avviciniamo a Sanremo. Alcune sue colleghe hanno avuto da dire sulle affermazioni di Amadeus. Cosa ne pensa?

Amadeus è un professionista serio ed educatissimo, molto rispettoso nei confronti delle donne. Dicendo che noi donne siamo capaci di stare dietro a un grande uomo senza trarne vantaggio, senza sfruttare l’immagine di un compagno famoso per uscire fuori -e questo è un pregio- ci ha voluto fare un complimento. Io lo trovo un bellissimo complimento e trovo assurda tutta questa polemica.  

Lui in questo momento è su una barca che si chiama Sanremo, dove c’è grande visibilità ma anche tanta invidia e gelosia.Non puoi rovinare un qualcosa di così bello e di italiano come il Festival di Sanremo che è una istituzione

Amadeus è una persona da rispettare, e mi dispiace che tutto questo venga rovinato per un misunderstanding o per l’emozione (si vedeva che era emozionato quando parlava). L’ho trovato ridicolo. Impariamo a rispettare le parole degli altri!

L'intervista OFF a Maria Grazia Cucinotta

A proposito di rispetto…Lei è molto seguita social, le capita mai qualche haters?

Da poco ho fatto la pubblicità dove ero senza trucco e alcune persone mi hanno scritto: sei rifatta! Da una parte lo prendi come un complimento, dall’altra parte vedi gente che non mi conosce e che insiste a dirmi: sei bugiarda! Voglio dire a questa gente: impegnate il vostro tempo in qualcosa di utile, andate a fare volontariato! Io le mie rughe me le tengo tutte! Per carità, mi curo perché faccio un lavoro di immagine, ma se io ti dico che non mi sono fatta un lifting, tu lo vuoi sapere meglio di me?! Faccio volontariato nell’oncologia da vent’ anni e sinceramente di fermare il tempo non me ne frega niente, perché ho imparato che la vita va vissuta ed è un regalo tutti i giorni. Già soltanto svegliarsi e stare bene è un qualcosa che devi ringraziare veramente Dio. Io il tempo non lo voglio fermare. Ho festeggiato i miei cinquanta gridandolo al mondo. Quest’anno faccio cinquantadue anni e sono felice perché non voglio fare ruoli da ventenne o trentenne: ci sono le ragazzine bellissime, usassero loro. Io adesso faccio la mamma, farò la nonna, la bisnonna e un giorno andrò in pensione, felice di questo. E sarò una donna vera.

C’è una frase bellissima che dice: se fai del bene il bene ti ritorna. Un mio amico ha la Sla e scrive con gli occhi. Nella prima lettera che mi ha scritto diceva: “io sono felice perché comunque scrivo, in mezzo a tanta gente (perché ci sono tanti stati vegetativi lì) io comunque riesco a comunicare e questo mi rende estremamente fortunato e felice”. Con lui stiamo scrivendo una sorta di mini serie sulla sua vita, da poter girare. Una cosa meravigliosa. E sarà il mio prossimo progetto.

Oltre a questo progetto, c’è qualcosa di più imminente?

Continuo a lavorare su Teen, una serie televisiva che abbiamo scritto con Paula Boschi e che dirigeremo insieme. Non vediamo l’ora di cominciare.