Fausto Brizzi ama raccontare la nostra vita che è anche la sua. Dal blockbuster di esordio che coinvolge più o meno tutti quelli che hanno ancora gli incubi sull’esame di maturità, attraversando le crisi sentimentali e la sindrome di Peter Pan, oggi Brizzi torna nelle sale con Se mi vuoi bene.
Quanto c’ è di personale nelle storie che ci racconti?
C‘è sempre molto di personale nelle storie che racconto. Da film autobiografici come Notte Prima degli Esami a film in cui racconto l’umore del momento o metto in scena un personaggio che mi somiglia. Per me è inevitabile.
Nei tuoi progetti futuri c’è l’apertura di un negozio di “chiacchiere” come quello che vediamo nel film?
Il negozio delle “Chiacchiere”, che nel film è gestito da Sergio Rubini, rappresenta il mio sogno e mi piacerebbe molto aprirlo. Credo anche che funzionerebbe, ovviamente non in termini commerciali. Ti dirò di più, credo che un negozio del genere dovrebbe passarlo addirittura la mutua perché si tratta di un luogo terapeutico dove ognuno di noi potrebbe prendersi un intervallo. In questo preciso momento storico penso proprio ciò che manca di più alle persone siano gli “intervalli”.
Con “Se mi vuoi bene” ci vuoi dire che il male di oggi è la mancanza di comunicazione?
Più che la mancanza di comunicazione credo che il male di oggi sia la velocità di comunicazione. Gli emoticon, per esempio, hanno ristretto un concetto che invece era lungo quanto un abbraccio. Il protagonista del film scopre proprio questo e cioè di quanto sia importante fare qualcosa per gli altri senza limitarsi a dire qualcosa agli altri anche se si tratta di un’esternazione importante come “ti voglio bene”.
Ci racconti un tuo momento OFF?
Ti racconto un momento di backstage del mio lavoro. Prima dell’uscita del mio film organizzo la proiezione peggiore del mondo, ossia invito in una sala privata colleghi, registi, amici e sceneggiatori a vedere il film, una sorte di operazione abbastanza suicida. Se il film funziona con loro vuol dire che funzionerà davvero anche col pubblico. Questa operazione in realtà mi serve per capire limiti e potenzialità dell’opera oltre al fatto che potrebbe scapparci anche qualche consiglio utile. Non sono l’unico a fare questa operazione, solitamente è una consuetudine legata ai colleghi della mia generazione più aperta rispetto a quella precedente.