Il confronto col divino é la caduta negli abissi (?)

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"Il dono di Prometeo" di Pietro Striano è la possibilità di confronto col divino, anche rischiando di cadere in dolorosi abissi.
Foto di Rodrigo Santos da Pexels

Oggi sono molti gli autori che scelgono la strada dell’autopubblicazione e non per forza deve trattarsi di scrittori di secondo piano. Se per esempio leggiamo la raccolta poetica di settanta pagine “Il dono di Prometeo” ci rendiamo conto che il suo creatore Pietro Striano ha notevoli doti poetiche.

Striano mette in contatto l’umano con il mitico, comunicando con quella realtà parallela che ci porta in altri mondi e dimensioni invisibili: il suo è un dialogo solitario con l’Immenso, in cui si avverte qualcosa di ineluttabile, inafferrabile, in un’atmosfera cristallizzata e vasta, da farci ricordare la poetica e lo stile di Walt Whitman.

I lupi della steppa/ corrono per montagne/ impervie. Hanno lasciato al mare la/ propria sventura./ Solitari godono/della propria ambiguità./ I lupi della steppa,/ che mai si arrendono,/ non sanno dimenticare;/ passi immortali.

Nella lirica “I lupi della steppa” il mortale si confonde con l’immortale e l’essere terreno con Dio, per versi sicuramente spirituali dove la solitudine del poeta si rende indispensabile per una ricerca che porti lontano, verso l’alto.

"Il dono di Prometeo" di Pietro Striano è la possibilità di confronto col divino, anche rischiando di cadere in dolorosi abissi.

D’altra parte cos’è “Il dono di Prometeo”? È proprio quella possibilità che un uomo in carne e ossa ci ha offerto, quella di potersi confrontare con il divino, seppur rischiando, proprio perché non sempre l’essere umano conosce i suoi limiti e in questa indagine estenuante potrebbe cadere nel baratro.

Per Pietro Striano pare che il rischio valga la pena, perché siamo fatti di carne e di materia, ma troppo spesso ci dimentichiamo di essere fatti anche (soprattutto?) di spirito e questa consapevolezza dovrebbe in qualche modo permetterci di volare in alto, anche nell’azzardo di ritrovarci a girare per meandri ignoti e cadere in certi dolorosi abissi.