Roberto Ferri e quell’ossimoro della “lux obscura”

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Roberto Ferri ANIMA MUTA tempera grassa su tela 80 x 110 cm anno 2019
Roberto Ferri ANIMA MUTA tempera grassa su tela 80 x 110 cm anno 2019

“Una cosa bella è una gioia per sempre”: saggezza popolare? Forse. Certamente principio estetico (e morale) dalla forza tranquilla e, last but not least, epitome della mostra di Roberto Ferri (Taranto, 1978), che possiamo vedere a Castellabate, nel cuore del Cilento, ordinata dalla galleria Liquid Art System in occasione del Premio Pio Alferano 2019, il riconoscimento alle eccellenze nel campo della cultura nato da un’intuizione di Santino Carta e diretto da Vittorio Sgarbi. Roberto Ferri, pictor optimus della contemporaneità dalla tecnica sopraffina, è un “classico” sia nella forma che nella sostanza, quindi sia nell’espressione dei valori figurali che nei contenuti (Caravaggio in primis, ma l’afflato si estende fino agli esiti romantici e simbolisti dell’800, nel nome di una magnificenza dell’anatomia e dell’”essenza carnale” dei soggetti raffigurati), rielaborati alla luce della contemporaneità: la dechirichiana “bella materia colorata”, la pittura, con lui si rinnova. Come dice Angelo Crespi nel testo che introduce alla mostra, “[…] in Ferri il nero diventa il limite dentro il quale sprofondano le certezze, il non colore da cui genera per esuberanza miracolosa la luce e dunque i colori, ma appena accennati, flebili e momentanee increspature di una buia totalità, l’essere, di fatto, che promana dal nulla, e si compie l’ossimoro della “luce oscura”.